di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl
Si fa un gran parlare su quanto accaduto lo scorso venerdì, giornata della mobilitazione mondiale sul clima, e sulla figura di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che ha dato origine al movimento. La ragazza è stata oggetto di santificazione o demonizzazione a seconda dei punti di vista, ma entrambe le posizioni sembrano esagerate. Occorre quindi tornare alla terza via, quella indicata con saggezza dai latini: “in medio stat virtus”. Sicuramente, infatti, la genuinità dell’impegno personale di Greta e dei tanti giovani che l’hanno seguita non può essere messo in discussione, né i suoi fini, senz’altro meritevoli. Tutti dobbiamo avere a cuore il rispetto dell’ambiente e dobbiamo lavorare affinché nel nuovo millennio, anche grazie a tecnologie più moderne, si trovi un modo per coniugare lo sviluppo con la tutela del territorio, a beneficio del nostro benessere e della nostra salute. Detto ciò, alcune osservazioni critiche sull’onda verde, da più parte avanzate, non possono certo essere derubricate al solito “cattivismo”, da mettere in quarantena nel mondo del politicamente corretto, del quale, del resto, non vogliamo far parte. Hanno invece un fondamento. Se, infatti, vogliamo prendere sul serio Greta e l’allarme da lei lanciato sulla questione ambientale, l’accoglienza benevola con la quale i “potenti” hanno accolto la protesta lascia piuttosto perplessi. Di solito chi contesta un sistema, politico ed economico, viene a sua volta contrastato dal sistema stesso. La rivoluzione, si sa, non è un pranzo di gala. Stavolta, invece, è tutto un fioccare di complimenti e pacche sulle spalle. Perché l’ambientalista viene tanto apprezzata dai politici al potere e dalle multinazionali riunite a Davos, ossia proprio da coloro che hanno le maggiori responsabilità in merito all’inquinamento massiccio? Le motivazioni alla base di tale gentilezza non possono essere molte. Innanzitutto la sua protesta, la sua pacifica attività di sensibilizzazione, nonostante le molte adesioni in giro per il mondo, sembra – purtroppo, per chi ha a cuore l’ambiente – inoffensiva e incapace di mettere alle strette i grandi inquinatori e costringerli a modificare il proprio comportamento. Darle ragione, quindi, non costa nulla: si fa bella figura e poi tutto resta come prima. In secondo luogo, senza voler apparire dediti alla dietrologia, sorge un dubbio. Sono alle porte le europee, avanzano sovranismo e populismo e i partiti tradizionali, socialisti e popolari, sono in grave crisi di consensi. Stesso accade in molte altre aree del mondo. L’impressione è che l’establishment punti ora sui verdi e sulle buone intenzioni di molti di loro per trovare il modo di non mollare la presa. Proprio quell’establishment, tra l’altro, che avendo detenuto le leve del potere per decenni, poco o nulla ha fatto per proteggere l’ambiente.