di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La casa. Il simbolo per eccellenza della stabilità e della sicurezza. In Grecia, nonostante la Troika, sono ancora in vigore alcune leggi che limitano i pignoramenti delle case. Norme che impediscono di mettere all’asta gli immobili dei cittadini indebitati con le banche che a causa della crisi non riescono a pagare il mutuo. Entro determinati requisiti: si deve trattare della prima abitazione, la casa non deve essere di lusso e i proprietari devono risultare al di sotto della soglia di reddito prevista. Nell’ambito delle misure di austerity concordate per ripagare il debito greco, per venire incontro alle esigenze dei creditori sono state infatti già poste condizioni ben precise per impedire il pignoramento esclusivamente delle proprietà meno costose, in cui vivono i cittadini più indigenti, abbassando sia le soglie riguardanti il valore delle abitazioni che quelle relative al reddito dei debitori. Ma all’Europa tutto questo sembrerebbe non bastare ancora. Nonostante il Paese ellenico sia ormai fuori dal piano di salvataggio di Ue, Bce e Fmi, è di questi giorni la notizia di pressioni su Atene per assottigliare ancora i limiti minimi, in termini sia di valore delle case che di reddito, diminuendo quindi il numero delle persone protette dalla norma. Per poter ottenere il miliardo di euro circa di profitti derivanti dalle obbligazioni greche dalla Bce e dalle altre banche centrali dell’Eurozona, Bruxelles, nella persona di Moscovici in particolare, chiede di andare avanti col piano di riforme, insistendo in particolare sulla legge sul pignoramento delle case. La Commissione europea, quindi, nonostante i mea culpa sull’austerity in generale e sul trattamento inferto alla Grecia in particolare, non sembra voler cambiare musica. Le ricette restano sempre le stesse, ovvero fare cassa colpendo il popolo nei suoi diritti e beni più preziosi, la prima casa è uno fra questi, in un circolo vizioso di impoverimento da cui non si intravede via d’uscita. Finché, per citare un grande poeta, nessuno avrà “solida casa di pietra squadrata e liscia per istoriarne la facciata”. La soluzione non può e non deve essere questa. Certo, i debiti vanno onorati, ma sono possibili, o meglio auspicabili, altri metodi, che riescano a bilanciare i giusti tagli agli sprechi con politiche economiche e sociali capaci di supportare e proteggere i cittadini nei momenti di difficoltà. Anzi, in molti sostengono che solo in questo modo è ipotizzabile un’effettiva ripresa. Senza poi considerare il fatto che esistono valori etici che vanno ben oltre i parametri economici. Dal Mare del Nord al Mediterraneo, dalla Gran Bretagna alle prese con un’impossibile Brexit alla Grecia costantemente sotto scacco, l’Europa – questa Europa, che speriamo a maggio possa cambiare volto – continua ad apparire come una prigione dalla quale è impossibile evadere.