di Mario Bozzi Sentieri
Un farmaco da usare “solo in casi molto circoscritti, con prudenza, con una valutazione caso per caso”. Così Laura Palazzani, vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica e membro corrispondente della Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato, in un’intervista, la notizia sulla triptorelina (Trp), il farmaco antitumorale che ha tra i suoi effetti collaterali quello di sospendere la pubertà e che in Italia potrà essere prescritto a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale. La notizia ha il crisma dell’ufficialità vaticana. A pubblicare l’intervista alla Prof. Pallazani è infatti “Vatican News” il sistema d’informazione della Santa Sede. Non un sito qualunque, né evidentemente un’iniziativa autonoma della vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, membro corrispondente della Pontificia Accademia per la Vita e docente di Filosofia del Diritto all’Università Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta) di Roma. Non a caso di fronte ad una presa di posizione del genere diversi medici, giuristi e associazioni cattoliche hanno sollevato dubbi sui rischi ancora sconosciuti nell’uso di tale medicinale, sottolineando come il farmaco potrà ora essere somministrato – pure se sotto controllo medico – ad adolescenti affetti da disforia di genere, che si può manifestare anche molto precocemente nell’infanzia e nell’adolescenza in soggetti che non si riconoscono psicologicamente nel sesso alla nascita, spesso con patologie psicologiche e psichiatriche. Ciò che lascia perplessi, laicamente perplessi, è che l’uso del farmaco rappresenti una soluzione (l’unica ?) a questo tipo di problemi, non considerando i risvolti psicologici, familiari e sociali che queste problematiche portano con sé. La preoccupazione principale – secondo la prof. Palazzani – sembra essere … l’informazione: che il ragazzo o la ragazza, avendo all’incirca 10-12 anni, siano adeguatamente informati e accompagnati nella decisione, con il consenso dei genitori. Un po’ poco, vista la gravità della scelta, laddove come si legge nella nota congiunta di Scienza & Vita e del Centro studi Rosario Livatino “… resta sospesa la questione del consenso all’uso del c.d. farmaco, vista la scarsa consapevolezza di adolescenti e preadolescenti circa le proprie potenzialità. Premesso poi che la capacità di agire viene raggiunta al compimento della maggiore età, come faranno i medici a garantire che il consenso di un pre-adolescente cui si intenda somministrare la TRP sia “libero e volontario”? che cosa accadrà se i genitori vorranno accedere alla “cura” e il minore no, o il contrario, o, ancora, in caso di contrasto fra genitori? potrà il genitore (o il tutore) esprimere l’assenso a un atto di disposizione del corpo altrui, in evidente contrasto con l’ordinamento vigente?” Siamo veramente convinti – aggiungiamo noi – che il “malessere” evidenziato dall’uso (e dal potenziale abuso) dalla triptorelina non sia il risultato di un malessere ben più profondo rispetto al semplice disagio circa la corporeità maschile o femminile ? E la possibilità di arrivare a cambiare sesso attraverso un farmaco, non rischia di banalizzare una scelta dai drammatici risvolti esistenziali (tali da inviare ad attendere la maggiore età) ? Ed ancora: si è consapevoli dei “costi” sociali di questo tipo di orientamenti (anche qui banalizzati dalla prescrizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale) ? In sintesi: è evidente come la prescrizione del farmaco antitumorale destinato a di sospendere la pubertà si collochi all’interno dell’ormai lungo ed articolato processo di penetrazione dell’ideologia gender sia per via culturale che amministrativa. Ignorare questo processo, specie da parte di chi, in ambito cattolico, dovrebbe, sul piano dottrinario, contrastarne l’espansione appare più che un’ imperdonabile superficialità. E’ – a tutti gli effetti – un atteggiamento complice ed una resa ai bassi orizzonti di una modernità … farmacologica.