Qualche problema di collocazione evidente esiste. Analizzando i flussi sugli occupati, il rapporto a cinque mani di Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail ed Anpal evidenzia alcuni aspetti qualitativi e quantitativi, sui quali è utile riflettere. In primo luogo, quasi un milione di lavoratori nel nostro Paese sarebbero disponibili a lavorare di più rispetto a quanto fanno. Addirittura per quasi 19 ore in più, con una maggiore propensione nel Mezzogiorno, fra le donne, i giovani e gli stranieri. La cosa va letta con l’espansione del part time, soprattutto involontario e con tutto il fenomeno dei contratti a tempo determinato, in crescita costante fino al quarto trimestre del 2018, quando il decreto Dignità ha iniziato ad esplicitare i propri effetti. Fra le motivazioni che spingono a lavorare di più, naturalmente la necessità di avere una maggiore disponibilità economica ed anche per una propria realizzazione personale. Aspetti tutti collegati e che si riflettono su un altro fenomeno, ancora più massiccio. Gli occupati sovraistruiti, vale a dire che occupano un posto di lavoro per il quale è richiesto un titolo di studio inferiore a quello effettivamente posseduto, sono 5 milioni e 569mila, poco meno di un quarto del totale degli occupati nel nostro Paese. Considerando i soli diplomati e laureati, il fenomeno interessa il 35% degli occupati, peraltro in crescita, un po’ per l’innalzamento del livello di istruzione, ma anche per la mancata corrispondenza fra competenze richieste e possedute.