di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Domenica si terranno le consultazioni per la scelta del nuovo vicesegretario del Pd. No, non è un lapsus, ma una semplice deduzione. I tre principali candidati sono privi del carisma o dell’autorevolezza che avevano caratterizzato altri leader di sinistra del passato. Forse l’unico con una personalità più spigliata è l’attuale governatore del Lazio, gli altri due sembrano invece gregari capitati lì quasi per caso. Le differenze dal punto di vista programmatico sono pressoché invisibili e non si nota nessuna novità sostanziale rispetto ai leitmotiv tipici del Pd, che lo hanno portato all’attuale crisi di consensi: austerità contro il ceto medio, neoliberismo, europeismo e apertura a un’immigrazione incontrollata sono le ricette che continuano a non essere messe in discussione. Qualche sfumatura diversa dal punto di vista della collocazione: se Giachetti, appare più spostato al centro, Zingaretti si colloca leggermente più a sinistra e nel mezzo Martina, ma con variazioni infinitesimali dal punto di vista delle effettive proposte politiche. Tra l’altro i tre affermano di non voler fare alleanze né con Forza Italia né coi Cinquestelle, sempre ammesso e non concesso che i suddetti due partiti abbiano intenzione di allearsi con loro, e sembrerebbe in entrambi i casi piuttosto improbabile. Questi i candidati in lizza, ma, ironizziamo, solo per il ruolo di vice. Chi potrebbe essere allora il vero leader “ombra” di una simile formazione, quello su cui i dem ripongono tutti i propri sogni di rinascita? Che non si pensi più a Matteo Renzi, ormai fuori moda anche se ancora influente all’interno del partito. La vera speranza della sinistra nostrana è la crisi economica. Di conseguenza il leader, il vero segretario, non può che essere il suo interprete, il “tecnico della provvidenza”, che si chiami Monti o Cottarelli poco importa. Seguendo i dibattiti televisivi e leggendo le pagine dei giornali si osserva infatti chiaramente che il Pd non spera neanche più di convincere gli italiani che le proprie ricette antipopolari, che hanno portato a povertà, precarietà e insicurezza, siano migliori di quelle gialloblu, improntate su un mix di riforme sociali e maggiore sicurezza. Sanno benissimo che la gran parte della popolazione, al netto delle sfumature, dei contrasti nel Governo, della crisi dei grillini, del ruolo del Centrodestra, ha scelto chiaramente da che parte stare. Allora, l’unica possibilità di tornare in auge è che le nuove politiche impostate dall’Esecutivo non facciano in tempo a dispiegare i propri effetti benefici, non riescano a sanare le lacune sociali ed economiche create da anni di cattiva gestione, specie in questo periodo di ciclo negativo, e che si piombi nella crisi, con uno scenario simile a quello del 2011, per poter tornare in sella, non attraverso le urne, ma facendo da spalla al tecnico di turno.