di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl
Oggi assistiamo ad un evento importante dal punto di vista politico: la votazione online attraverso la quale i militanti pentastellati esprimeranno la loro opinione sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Come noto, la vicenda riguarda il caso Diciotti, ovvero la decisione del Ministro dell’Interno di attendere cinque giorni prima di far sbarcare tutti i migranti dalla nave della Guardia Costiera, che li aveva soccorsi dopo che il barcone sul quale si trovavano era stato rifiutato dalle autorità maltesi. Il caso Diciotti è stato uno fra i primi e più clamorosi atti di discontinuità adottati dal “governo del cambiamento”. La scelta di Salvini se, a quanto si apprende, è stata causata da alcune informative circa la possibile presenza di terroristi a bordo, dal punto di vista politico è scaturita dalla volontà di interrompere l’accerchiamento dell’Italia sul tema migranti. L’indifferenza degli altri Stati europei e le norme insostenibili sul primo approdo da un lato e il business sul traffico di esseri umani dall’altro. La decisione di “far la voce grossa” – pur sempre garantendo l’incolumità dei migranti stessi – ha determinato una riduzione considerevole degli sbarchi ed anche delle morti in mare. Dopo, in modo altrettanto eclatante, è intervenuto il Tribunale dei Ministri di Catania, che ha deciso di indagare il Ministro contestandogli – per i suddetti cinque giorni di attesa a bordo – nientemeno che il reato di sequestro di persona. Data l’assurdità delle accuse, sembrerebbe una vera e propria trappola politica voluta da certa magistratura militante: far cadere il governo puntando su una delle idee-totem dei grillini, ossia il rifiuto di un trattamento di favore di cui godono i parlamentari, la possibilità per la Camera di appartenenza di negare l’autorizzazione a procedere. Le contromosse dei vertici pentastellati sono state due: l’autoaccusa di Toninelli, Conte e Di Maio per il caso Diciotti – ed ora la Procura sta valutando anche le loro posizioni, con l’ipotesi di vedere “alla sbarra” l’intero esecutivo – e la consultazione della piattaforma Rousseau per togliere di mezzo eventuali malumori della base. Sta di fatto che stavolta un parlamentare, un Ministro, non è sotto accusa – come purtroppo molte volte è avvenuto – per basse questioni di corruzione o voto di scambio, ma per motivi squisitamente ideali. Sotto accusa non è solo Salvini, ma la volontà del governo di inaugurare una stagione nuova. Il diniego dell’autorizzazione a procedere tornerebbe al significato originario pensato dai Costituenti, cioè tutelare la libertà di azione dei rappresentanti politici, scelti dal popolo anche per cambiare situazioni o opporsi a leggi ritenute ingiuste. Certo, quella di oggi è una pre-consultazione, la decisione vera sarà presa dal Senato, ma resta un test fondamentale per la tenuta del governo. Vedremo stasera se la trappola avrà avuto effetto.