di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Non sono in molti ad ammetterlo ma il Governo del Cambiamento, già di per sé un “esperimento politico” inedito a cui tutto il mondo guarda con attenzione, sta giorno dopo giorno innescando processi completamente nuovi in questo nostro amato Paese notoriamente refrattario al mutamento. Il linguaggio, le opinioni, i temi oggetto di dibattito, le riforme, le relazioni internazionali e persino l’Europa stanno conoscendo una nuova fase. Tutto cambia, insomma, e da oggi, all’improvviso, è anche cambiato il direttore del quotidiano La Repubblica. La decisione è stata presa dall’editore, Marco De Benedetti, e non senza polemiche. Con grande e comprensibile amarezza l’ormai ex direttore, Mario Calabresi, con un tweet ha salutato i suoi lettori, ricordando come in questi tre anni sia riuscito a frenare la discesa delle vendite del giornale («era al 14, ora è sotto il 7») e sottolineando, in risposta a chi sosteneva che Calabresi fosse in realtà già pronto ad andarsene verso un’avventura completamente nuova (Google), quanto ciò non fosse vero e soprattutto che con lui alla direzione il giornale ha vissuto in questi tre anni una «ritrovata identità» e «un’idea chiara del mondo». Identità, idea chiara del mondo sono termini – non ce ne voglia Calabresi – ed espressioni dal significato squisitamente sovranista. Potrebbe sorgere, allora, il legittimo dubbio che proprio il sovranismo sia uno dei motivi che hanno determinato l’editore a cambiare la direzione del giornale in favore di Carlo Verdelli, ma questa è solo una mia supposizione. Nel lungo curriculum di Verdelli c’è tanta esperienza che lascia immaginare la necessità dell’editore di Repubblica di avviare un nuovo restyling – dopo quello già introdotto da Calabresi – sia nella forma sia nei contenuti, essendo stato Verdelli il fautore del successo di un testata molto nota come Vanity Fair ma soprattutto l’estensore di una riforma della Rai – ai tempi del direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, quindi “era Renzi” – che non fu mai accettata, peraltro senza una parola chiara da parte del CdA, ragione per cui Verdelli decise di dimettersi dopo aver appena ricevuto l’incarico. Dunque un uomo di polso e di mestiere, al quale non si può che augurare buon lavoro, sebbene, è facile immaginarlo, non farà di sicuro alcuno sconto all’attuale Governo, come d’altronde è nello stile dello stesso quotidiano. La curiosità è tanta, il futuro dei giornali di carta resta incerto e probabilmente il primo obiettivo, ancora prima di quello di non fare sconti al Governo, sarà conquistare nuovi lettori, possibilmente giovani e elettori di un rinato centro-sinistra con vocazione di Governo – chissà tra quanto – alla (ri)conquista dell’Ue. Vale la pena qui ricordare le parole di un altro direttore notoriamente molto caustico, quale è Vittorio Feltri, il quale, in risposta la tweet molto amaro di Mario Calabresi, ha scritto così: «Quando un direttore viene licenziato la colpa non è mai sua bensì dell’editore che ha sbagliato ad assumerlo oppure ha sbagliato a cacciarlo. Ora Calabresi è orfano due volte».