di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Sul Corriere di oggi, Ernesto Galli della Loggia continua la sua disamina sul declino delle élite. L’insofferenza sempre più diffusa nei loro confronti ha permesso che venissero sostituite dai “nuovi barbari”. Stavolta l’editorialista ce l’ha più che con la Lega, coi grillini, che a suo dire hanno ridotto il dibattito pubblico a un livello da chiacchiere da bar, con affermazioni avventate in vari campi, dalla politica estera all’economia. Probabilmente ha ragione, meriteremmo di meglio. Più competenza, più prudenza, più lungimiranza. Ci permettiamo però di osservare che nell’indagine sulla scomparsa delle élite neanche la celebre firma del Corriere riesce ad andare fino in fondo. Perché il popolo ha preferito questi grossolani neofiti a chi c’era prima? Non c’entrerà forse il modo in cui si sono comportati gli esperti, i competenti? Se, ad esempio, le principali autorità economiche mondiali alla vigilia della maggiore crisi del dopoguerra dicevano che tutto andava bene, perché Di Maio non può dichiarare che siamo alle porte di un boom economico? Di Battista le spara grosse su Obama e Maduro, ma le conclamate menzogne di Tony Blair sulle armi di distruzione di massa irakene e il blitz francese in Libia non hanno forse minato la credibilità di ogni azione internazionale contro qualsivoglia dittatore, dando la stura ai complottismi? Piuttosto che fare un vero mea culpa, indicando le gravi colpe delle élite, Galli della Loggia continua ad accusare il popolo di bearsi di avere degli insipienti come rappresentanti politici, in un clima generale di irresponsabilità, in cui chiunque si può permettere di parlare a vanvera, senza poi doverne pagare le conseguenze. Ma in realtà il nostro non è un popolo anarchico, ostile di per sé a riconoscere il principio di autorità. Semplicemente si è stancato di concedere per l’ennesima volta il beneficio del dubbio ad autorità che per troppe volte non si sono dimostrate all’altezza del proprio ruolo. La storia italiana, ad esempio, è costellata di opacità, dagli anni di piombo a tangentopoli, dalle infiltrazioni mafiose ai crack bancari, oltre a vicende minori di piccole corruttele e nepotismo. Tutto ciò ha minato l’autorevolezza delle élite e qui c’è la radice del senso di irresponsabilità diffusa. Come si può pensare che, dopo simili fatti, il rispetto per le autorità resti immutato? Ora, ha ragione Della Loggia, in questo modo si rischia di “gettare via il bambino con l’acqua sporca”: certe autorità sono fondamentali, tutti ne abbiamo bisogno per non andare allo sbando, servono conoscenza e ponderatezza. Ma ricostruire un rapporto di fiducia nelle Istituzioni è ormai un’impresa talmente ardua che forse potranno riuscire a ricrearla, a tentoni, a suon di sviste e correzioni, proprio e solo i “nuovi barbari” gialloblu con la loro sprovveduta estraneità agli errori del passato.