Ce lo ricordiamo impegnato durante tutta la campagna elettorale a diffondere nei talk show televisivi il verbo neoliberista del Fondo Monetario Internazionale e di conseguenza a tifare, neanche troppo velatamente, per la vittoria del Pd. Con scarsi risultati, visto l’esito delle urne. Tornato alla carica dopo la firma del Contratto di Governo, aveva messo nero su bianco tramite il suo “Osservatorio sui conti pubblici italiani” che, per realizzare le misure concordate, i gialloblu avrebbero speso – addirittura – 125 miliardi di euro. Così, ovviamente, non è stato, ma i numeri roboanti riportati dalla stampa avevano già fatto il giro del mondo contribuendo ad alimentare timori ingiustificati. Mai nessuno, però, che gliene chieda conto. Quella cifra esorbitante era uscita fuori semplicemente perché era stata data per scontata la più improbabile delle possibilità, ovvero un’attuazione immediata e radicale di tutte le proposte con i costi arrotondati al rialzo e coperture stimate al ribasso. Infine, l’abbiamo visto nel ruolo di premier incaricato per un giorno, munito di trolley, a piedi verso il Quirinale per darsi l’aria di un “populista” qualsiasi, nell’ultimo, disperato e fallimentare tentativo volto ad impedire la nascita del Governo Conte. Talmente inviso al Parlamento – escluso, ovviamente, il Pd – ed ai cittadini che già solo il suo nome sembrava significare una Troika autoimposta da Mattarella alla Nazione, con conseguente ipotesi di impeachment, poi fortunatamente archiviata, nei confronti del Presidente. Tutto ciò, e sarebbe stato abbastanza, non ha impedito di continuare a proporcelo come ospite fisso nei salotti televisivi nella veste di autorità non solo massimamente esperta di economia, ma anche olimpicamente imparziale e non coinvolta nelle beghe politiche riservate a noi comuni cittadini. Stiamo parlando, naturalmente, di Carlo Cottarelli, il “competente” per antonomasia. Ultimamente sembra più presente che mai. A dire che se c’è rischio recessione, come ha annunciato Conte, certo non può essere colpa del governo precedente e che finché avremo un debito alto non potremo essere pienamente sovrani. Infine ad evocare, tanto per placare gli animi e non seminare panico, anche lo spauracchio per eccellenza: la patrimoniale, citando addirittura Giuliano Amato ed il suo blitz nelle tasche degli italiani: “Se andassimo in crisi adesso io temo che ci sarebbe una grossa patrimoniale. Quella di Amato fu una piccola patrimoniale; si potrebbe parlare di una patrimoniale del 10% sulla ricchezza”. Se l’economia è fatta anche di psicologia e di clima di fiducia – ed un fine esperto del settore come lui non può certo non saperlo – certe affermazioni andrebbero forse esternate con maggiore prudenza, a meno che non si faccia il tifo, penserebbero i maliziosi, per la crisi, e non solo di governo.