Secondo gli ultimi calcoli della CGIA di Mestre, diffusi sabato, tra il 2000 ed il 2018 la crescita economica dell’Italia è stata pressoché nulla se considerata con i due ventenni precedenti. Infatti, mentre tra l’inizio degli anni ’80 e il 1999 il Pil è aumentato del +2%  e tra il 1960 e il 1979 del 4,8%, negli ultimi 18 anni la crescita è stata di appena due decimi; +4% in termini reali, contro il 25,2% della Francia, il +26,5% della Germania e il +29,7% dell‘Eurozona, per esempio.  Senza contare che tra i 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica solo il nostro Paese (-4,1 per cento) e la Grecia (-23,8 per cento) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione pre-crisi (anno 2007). «Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – e le previsioni, purtroppo, non lasciano presagire nulla di buono. L’economia mondiale sta rallentando, manifestando evidenti segnali di incertezza e di sfiducia in tutta l’Eurozona». Nella seconda parte del 2018, spiega in questo caso Confesercenti, su uno sfondo caratterizzato da spinte protezionistiche e dal ripiegamento delle prospettive di crescita europee, il Pil e l’occupazione dell’Italia si sono arrestati.  Ne hanno risentito pesantemente i consumi: l’indice di fiducia delle famiglie è sceso di oltre 4 punti fra marzo e dicembre, mentre la propensione alla spesa si è ridotta di quasi un punto. Elementi che portano a stimare una riduzione di oltre un miliardo di euro delle vendite negli esercizi commerciali. Una fase di debolezza che dovrebbe continuare anche nel 2019, «anche se – precisa Confesercenti – gli interventi espansivi adottati dal foverno possono arrestare questa tendenza declinante».