Dimenticare gli adeguamenti alla speranza di vita. Il decreto legge sulle pensioni riserva una novità positiva e decisamente non scontata, visto la previsione normativa che impone un incremento al requisito dell’età anagrafica con cadenza biennale. Nel novembre del 2017, alla vigilia dell’ultima manovra del governo Gentiloni, tale aspetto aveva assunto una forte valenza, con i sindacati a chiedere un ripensamento e l’esecutivo di centrosinistra incerto sul da farsi, vista l’impopolarità di una misura, destinata ad allontanare il momento del pensionamento. Ora, il governo Lega-5 Stelle impone la svolta. In primo luogo, il requisito dell’età non è adeguato alla speranza di vita per l’accesso a Quota 100, per cui anche nel 2020 e nel 2021 serviranno 62 anni di età. In secondo luogo, fino al 2026 si andrà in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomini, o con 41 anni e 10 mesi, se donne. Senza tale previsione, il requisito contributivo sarebbe stato destinato a crescere fino a 15 mesi. Stesso destino si sarebbe verificato anche per i lavoratori precoci, coloro che hanno un anno di contributi entro il diciannovesimo anno di età: fino al 31 dicembre 2026 potranno continuare ad andare in pensione con 41 anni di contributi. Niente adeguamento alla speranza di vita, infine, per le lavoratrici dipendenti ed autonome: non cambia il requisito anagrafico (nate prima del 31 dicembre 1959, se dipendenti, o un anno prima, se autonome).