di Fiovo Bitti

 

Una possibilità concreta di andare in pensione prima, a conti fatti anche con un certo vantaggio economico. L’introduzione di Quota 100 rappresenta in questo senso una opportunità per molti. Premesso che la scelta è rimessa alla libertà della persona, la quale può decidere o meno di uscire anticipatamente rispetto alle norme previste dalla Fornero, occorre evidenziare, da subito, alcune cose. In primo luogo, il meccanismo non prevede penalizzazioni dirette. Alcune proposte di legge presentate nella precedente legislatura, ad esempio, prevedevano un meccanismo penalizzante nell’ordine dei 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo rispetto all’uscita normalmente prevista a legislazione vigente. In questo caso, non ci sono penalizzazioni, anche se è altresì corretto ed opportuno evidenziare che una uscita anticipata ha un doppio effetto sull’assegno percepito, in quanto si versano meno contributi e sul calcolo viene applicato un diverso coefficiente di trasformazione, in ragione della differente aspettativa di vita. Insomma, si prende sicuramente qualcosa di meno, ma, ed è questa la chiave di volta, per un numero maggiori di anni, anche più di cinque. Se consideriamo che l’età pensionabile è destinata a crescere con la Fornero, facendo due conti e mantenendo fissa la speranza di vita al momento del pensionamento, andare in pensione prima sarebbe conveniente anche una riduzione dell’assegno pensionistico nell’ordine del 25-30%, una cosa paradossale ed inverosimile perché la riduzione reale per effetto della mancata contribuzione e per l’applicazione di un coefficiente di trasformazione meno vantaggioso è decisamente più bassa. Quanto percepito in anticipo, quindi, copre e compensa abbondantemente nella maggior parte dei casi gli effetti dell’anticipo. In linea teorica, gli unici che dovrebbe stare attenti sono coloro che oggi percepiscono un reddito molto più alto che nel passato, visto che hanno la possibilità di incrementare sensibilmente il personale monte contributivo.

 

Tre anni per andare – Tutte le regole da sapere

Cento, il numero magico per uscire prima dal lavoro. La legge di bilancio, come noto, ha introdotto un fondo con una dotazione iniziale di circa 4 miliardi di euro che diventano 22 nel triennio per permettere ad una platea potenziale di un milione di lavoratori e di lavoratrici di andare in pensione, se in possesso del requisito anagrafico (almeno 62 anni) e contributivo (almeno 38 anni). Quota 100 è, al momento, sperimentale fino al 31 dicembre 2021, per cui è destinata ad intercettare tutti coloro che sono nati entro il 31 dicembre del 1959. L’accesso al pensionamento è dietro domanda dell’interessato, non essendovi alcun obbligo, anzi rimane fisso il principio per cui sono fatte salve disposizioni previdenziali più favorevoli. Sono diverse le cose da sapere, ad iniziare della decorrenza del trattamento pensionistico. Sono cinque le possibilità in campo. Il lavoratore privato che ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2018, andrà in pensione a decorrere dal 1° aprile 2019; il lavoratore, sempre del settore privato, che matura i requisiti a partire dal 1° gennaio 2019 ha una finestra trimestrale, con prima finestra il 1° aprile 2019. Il lavoratore pubblico che ha maturato i requisiti entro l’entrata in vigore del decreto legge, andrà in pensione a decorrere dal 1° agosto 2019. Il lavoratore pubblico che matura i requisiti dopo l’entrata in vigore del presente decreto legge, andrà in pensione ha una finestra semestrale (dopo il 1° agosto 2019). Il personale della scuola ed Afam il 1° settembre, in coincidenza con l’anno scolastico. I dipendenti pubblici sono tenuti a dare un preavviso di sei mesi. Fra le altre cose da sapere, la possibilità di cumulare periodi contributivi su Gestioni Inps diverse; sarà l’ultima Gestione, però, l’interlocutore per la definizione della pratica. La pensione percepita in anticipo con Quota 100 non è cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo, con una sola eccezione, che è rappresentata dai redditi fino a 5mila euro da lavoro occasionale. Per fare un esempio pratico: un professore può anticipare la pensione e poi svolgere attività occasionale di ripetizioni per le famiglie, rimanendo nel vincolo dei 5mila euro di reddito. La persona verrebbe pagata ricorrendo al cosiddetto Libretto famiglia con singoli buoni da 10 euro ciascuno, comprensivi dei contributi Inps e del premio Inail. Tutto ciò, naturalmente, tracciato con una comunicazione entro il 3 del mese successivo da parte dell’utilizzatore con tutti i dati identificativi del prestatore, il compenso pattuito, la durata e il luogo ove si svolge la prestazione.

L’accompagnamento – Il ruolo della bilateralità

Un territorio poco esplorato, se non in alcuni settori produttivi, in particolare nel credito e nell’assicurativo che da tempo hanno in piedi un fondo di solidarietà per accompagnare al pensionamento le persone. Ora, però, la normativa che il Parlamento si appresta ad approvare rilancia la possibilità per i fondi bilaterali di avere un ruolo attivo nella difficile gestione del ricambio generazionale. Il decreto legge in materia di pensioni prevede, infatti, che i fondi bilaterali, istituiti dalle parti sociali, sindacati, da una parte, ed associazioni datoriali, dall’altra, possano prevedere, fra i vari strumenti a loro disposizione, un assegno di accompagnamento alla pensione della durata massima di tre anni per il singolo lavoratore, il quale potrà poi agganciarsi a Quota 100 o ad un altro meccanismo di uscita per pensionamento. È necessario, però, un accordo collettivo, di carattere aziendale o territoriale, nel quale le parti definiscono quanti nuovi occupati saranno assunti in sostituzione degli uscenti. I fondi di solidarietà bilaterali, già previsti nella legge 92 del 2012, la riforma Fornero del Lavoro, sono stati successivamente innovati con il decreto legislativo 148 del 2015, attuativo del Jobs act. Per effetto della riforma intercorsa, i fondi di solidarietà ora si rivolgono ad una platea più ampia rispetto al passato, in quanto sono tenute al versamento tutte le aziende che occupano più di cinque dipendenti. Per poter operare, comunque, l’opzione assegno previdenziale deve essere prevista nello Statuto.