di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

 

Dalle prossime settimane, sarà possibile andare in pensione prima, rispetto a quanto previsto dalla riforma Fornero, che, come noto, ha prodotto una pesante ingessatura nel mondo del lavoro, cosa perfettamente dimostrata dai numeri: fra il primo trimestre del 2012 e il secondo trimestre del 2018, l’occupazione giovanile, nella fascia compresa fra i 15 e i 24 anni, è calata del 6,5% a fronte di una crescita del 48,6% nella fascia di età fra 55 e 64 anni e di addirittura del 69,5% fra gli over 65. Davanti a questo scenario, il governo è correttamente intervenuto, introducendo l’importante novità di Quota 100 e confermando alcuni strumenti già utilizzati nello scorso anno, in particolare l’Ape sociale ed Opzione donna. Uno sforzo molto significativo in termini finanziari, considerando che si parte con circa quattro miliardi di euro e si arriva a quasi 21 in tre anni, a 36 miliardi in cinque anni più sette miliardi a regime a decorrere dal 2024. Ma, siccome siamo un sindacato, non vogliamo e non possiamo fermarci al semplice dato finanziario ed economico. L’intervento sulla previdenza è utile e necessario, anche e soprattutto sotto il profilo sociale. Si può dibattere su dove è possibile migliorare il meccanismo complessivo, ma vi sono alcuni elementi che non possono essere sottaciuti. Quota 100 permetterà al lavoratore di andare in pensione fino a cinque anni prima rispetto alla Fornero con tutto quello che ne consegue in termini di qualità della vita e di riduzione del fenomeno infortunistico, il quale, come noto, ha una particolare incidenza proprio sui lavoratori maturi. Quota 100 è destinata a liberare posti di lavoro per i giovani, avendo altresì un effetto positivo sul welfare familiare, fondamentale in un Paese come il nostro con ridotti servizi per l’infanzia.