La prima conseguenza è stata un calo sostanzioso in Borsa, la seconda le forti polemiche sulla tempistica e le modalità adottate. La Banca centrale europea, sulla base dell’accordo sull’unione bancaria, ha chiesto agli istituti di credito di azzerare tutti i crediti in sofferenza (in sigla Npl) in tempi veloci. L’unica apertura è per quelle banche in maggiore difficoltà, le quali potranno programmare un intervento su più anni. In simultanea sono partite 119 lettere, indirizzare ad altrettanti istituti di credito europei. Secondo uno studio di Mediobanca, alla banche nostrane potrebbero servire fino a 15 miliardi di euro, cosa che avrebbe ricadute significative sui profitti di tutti gli Istituti. In qualche caso, come per Monte dei Paschi di Siena, Ubi Banca e Banca popolare di Milano il calo potrebbe essere addirittura del 60%, mentre meglio andrebbe a Unicredit ed Intesa Sanpaolo, che comunque potrebbero perdere fino a 15 punti percentuali. In valori assoluti, Intesa Sanpaolo dovrebbe accantonare 4,4 miliardi di euro in sette anni, Unicredit 2,7 miliardi, Mps 2,1 miliardi, BpM 2 miliardi. Nel complesso, i crediti in sofferenza ammonterebbero a poco meno di 22 miliardi di euro. La comunicazione della Banca centrale europea, che è peraltro partita da un italiano, Andrea Enria, da un paio di settimane a capo del Meccanismo di vigilanza unica, è stata fortemente criticata dal vicepremier Matteo Salvini, che ha parlato senza mezzi termini di «atteggiamento prevaricatore».