di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl
Sono passati vent’anni dall’introduzione della moneta unica europea. L’Euro nacque infatti nel 1999 sotto forma di unità di conto virtuale, mentre la circolazione del contante avvenne successivamente. Una data importante, che ha condizionato la vita di milioni di persone. Eppure, la sensazione è che l’anniversario stia passando in sordina, data l’opinione, sempre più diffusa, che ci sia ben poco da festeggiare. A suo tempo l’Euro era stato investito da aspettative speranzose e molti avevano creduto nell’effetto benefico della moneta. Così non è stato, almeno per quanto riguarda il nostro Paese: penalizzato fin dall’inizio da un cambio troppo oneroso, stabilito a 1 Euro per 1936,27 Lire, e dai severi parametri economici, che già allora l’Italia non riusciva a rispettare, negoziati dai nostri politici di allora; danneggiato dal facile arrotondamento a 1 euro per 2000 lire, con il conseguente raddoppio dei prezzi in sempre più settori merceologici, avvenuto senza adeguati controlli dopo l’entrata in vigore della nuova valuta; messo in crisi dal fatto che far parte dell’Eurozona impediva di effettuare se necessario una svalutazione competitiva, per sostenere il commercio estero e per attuare politiche interne espansive, come accadeva invece ai tempi della Lira. Delle conseguenze negative per l’economia italiana beneficiarono molti nostri concorrenti, la Germania e non solo, specie quando l’Euro, in un primo tempo scambiato in parità col dollaro, divenne una moneta troppo forte, arrivando a valere un dollaro e mezzo. E poi venne la crisi finanziaria americana e quella conseguente dei debiti sovrani europei a rendere la situazione ancor più difficile. Probabilmente, è opinione condivisa, il Paese, già carico a quei tempi di un debito pubblico elevatissimo, anche col senno di poi non avrebbe potuto evitare l’ingresso nella moneta unica, pena conseguenze ancora peggiori. Resta il fatto che si sarebbero potute trovare formule migliori per gestire il processo in modo più utile agli interessi nazionali. Ma il vero vulnus dell’Euro consiste nel fatto che sia diventato la moneta dell’austerity: l’introduzione della valuta comunitaria si è legata non solo agli strettissimi parametri economici da osservare, ma anche alle politiche da mettere in atto per rispettarli. Politiche incentrate quasi esclusivamente sulla compressione delle tutele sociali, in assenza di adeguate strategie comuni in materia industriale, commerciale, fiscale. Così l’Euro si è trasformato in uno strumento di divisione e concorrenza fra gli Stati Ue, che avrebbero dovuto, invece, marciare compatti nella sfida della globalizzazione. Gli effetti di questa visione erronea si stanno manifestando in modo sempre più palese ed il malcontento è ormai esploso in tutta Europa, dove l’avversione per le politiche di austerity si confonde con l’ostilità verso l’Euro.