di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Per tutti gli italiani, il discorso di San Silvestro del Presidente della Repubblica è entrato di diritto a far parte delle consuetudini delle feste, assieme ad altre prassi, sacre o profane. E così, fra l’indosso di qualcosa di nuovo e il beneaugurante piatto di lenticchie, in attesa del brindisi di mezzanotte moltissimi concittadini si sono sintonizzati sulle reti televisive o sul canale You Tube del Quirinale, per ascoltare le considerazioni di Mattarella sull’anno appena trascorso ed i propositi per quello nuovo. Pare che stavolta gli ascolti siano andati particolarmente bene, probabilmente a causa dell’insolita situazione politica sorta a seguito della nascita del governo Conte. Se ai tempi di Renzi e Gentiloni, in un’Italia impaludata nelle solite politiche del progressismo neoliberista, gli auguri del Presidente erano diventati una mera formalità, quest’anno c’era parecchia curiosità attorno al primo discorso di fine anno dell’era gialloblu, fra l’altro proprio all’indomani dell’approvazione della discussa “manovra del cambiamento”. Ebbene, tirando le somme, se c’è una parola in grado di riassumere sinteticamente quanto detto dal Presidente per commentare il primo Capodanno “populista”, senza dubbio non si può non pensare a “felicizia”, il neologismo ideato dai ragazzi di una scuola di Torino ed adottato dal Quirinale come simbolo di una vagheggiata Italia futura in cui possano regnare felicità ed amicizia. Guai a dire che si tratta del solito stucchevole buonismo. L’ha detto il Presidente: occorre recuperare i sentimenti positivi ed i propositi migliori, senza permettere che queste virtù restino confinate negli anni dell’infanzia. La gran parte dei quotidiani ha interpretato il discorso come un attacco, neanche troppo velato, ai politici “cattivisti” di professione, Di Maio, quindi, ma soprattutto Salvini, colpevoli di toni troppo duri. Nessuno ha, chissà perché, pensato invece allo spettacolo indegno recentemente offerto da Fiano o da altri esponenti del Pd. Evidentemente per alcuni esiste anche un “cattivismo” buono. Paradossi della politica. Eppure Mattarella ha chiaramente ed a più riprese parlato di comunità e della necessità di recuperarne il senso. Una comunità in cui tutti si sentano accolti. Inclusi, “ça va sans dire”, i non cittadini. In cui tutti si sentano rispettati. Ma sono compresi, oppure no, i milioni di italiani, la maggioranza, che hanno votato per la Lega o i Cinque Stelle, pensando che serva un po’ di energia, forse anche di durezza, per affrontare i problemi, gravi, del Paese? Recentemente un giovane cantante si è dovuto giustificare per aver messo qualche “like” su facebook ai post non di un pericoloso criminale, ma del Ministro dell’Interno. C’è posto per Anastasio e per gli altri estimatori del governo nell’utopia – o forse nella distopia – del mondo di “felicizia”?