di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ormai in Francia il tappo è saltato. Dopo le rivolte dei “gilet gialli” contro le politiche antisociali di Macron, con le proteste che proseguono imperterrite da settimane – nonostante la repressione, nonostante le promesse dello stesso presidente francese e persino nonostante l’attentato di Strasburgo – è impossibile continuare a far finta che nel Paese transalpino vada tutto bene. Invece sulla Germania e sulla profonda crisi che incombe sulla società ed anche sull’economia tedesca c’è ancora una coltre di fitto silenzio. Ci si comporta come se l’addio della Merkel sia stato determinato solo da “sopraggiunti limiti d’età”, a soli 64 anni, e non piuttosto dal fallimento elettorale che ha imposto di rinnovare la classe dirigente del suo partito. È stato rapidamente archiviato il lungo travaglio, di sei mesi, occorso per arrivare a rifare il solito esecutivo di “Grosse Koalition” con l’altro partito in crisi, la Spd. Il triplo del tempo servito all’attuale coalizione di maggioranza italiana, nonostante il duo tedesco governi assieme da lustri e i nostri stessero invece tentando un esperimento piuttosto ardito ed inedito. Si fa finta di non vedere la grande avanzata del partito nazionalista Afd. Insomma, anche stavolta l’establishment reagisce agli evidenti segnali di crisi con la collaudata tecnica dello struzzo, sperando che passi “la nottata”. Ma anche la grande e ricca Germania è arrivata al limite di sopportazione. Il modello economico e sociale di una Ue globalista e neoliberista arranca anche nella sua roccaforte tedesca. Il sistema è in declino, la produzione industriale scende, aumentano la povertà e le diseguaglianze sociali. Il tutto con l’aggravante della presenza di un’immigrazione massiccia – voluta proprio dai partiti di governo, che anche per questo hanno pagato pegno dal punto di vista elettorale – sempre più difficile da gestire ed integrare. E così il governo tedesco sta cercando tardivamente di correre ai ripari, come sta facendo, ancora più fuori tempo massimo, Macron in Francia, con qualche concessione su welfare e pensioni, ma la situazione resta critica. Non dovremo meravigliarci se, a breve, nonostante una stampa amica che ha nascosto per tutto il tempo che ha potuto la crisi montante, anche l’ultimo baluardo del vecchio establishment europeo, messo alle strette, di fronte al proprio fallimento economico e politico persino nella ricca Germania, sarà costretto, finalmente, a farsi da parte.