Tre milioni di iscritti ai fondi negoziali sono sicuramente un bel numero, ma si può e si deve fare di meglio, soprattutto se consideriamo che le pensioni future saranno meno vantaggiose di quelle del passato per effetto del calcolo contributivo in luogo del retributivo. Assofondipensione, l’associazione, nata nel 2003, che riunisce le principali organizzazioni di rappresentanza delle imprese (Confindustria, Confcommercio, Confservizi, Confcooperative, Legacoop e Agci) e dei lavoratori (Cgil, Cisl, Uil ed Ugl), ha appena presentato i dati relativi alla previdenza complementare nel nostro Paese. I fondi negoziali, quelli che derivano da un accordo collettivo sottoscritto dalle parti sociali, hanno in cassa circa 51 miliardi di euro, frutto della raccolta del trattamento di fine rapporto e dei contributi contrattuali e volontari di lavoratori ed imprese. Dopo la forte attenzione coincisa con la riforma dell’allora ministro del lavoro e delle politiche sociali, Roberto Maroni, che si concretizzò nel 2007 nel cosiddetto semestre bianco, quando tutti i dipendenti privati furono chiamati ad esprimere la loro volontà sulla destinazione del Tfr, negli ultimi paio d’anni la previdenza complementare è stata penalizzata da una riduzione delle agevolazioni. Da qui la richiesta al governo di Assofondipensione di aprire un tavolo di confronto per una valutazione complessiva sullo stato dell’arte.