Ma quale austerità, quale rigore! Altro che equilibrio dei conti pubblici: da ieri sera la Francia è diventato il Paese di Bengodi. Per sedare, non solo con il pugno di ferro, ma anche con il guanto di velluto la rivolta dei “gilet gialli” il presidente della Repubblica, il paladino dell’Europa o, meglio, dell’Ue, dopo aver ammesso di aver sbagliato, ha promesso mari e monti al suo Paese: dal 2019 il salario minimo aumenterà di 100 euro al mese, gli straordinari saranno esenti dalle tasse e così anche i premi di fine anno che le imprese assegneranno ai lavoratori, tassazione più leggera anche per i pensionati al di sotto dei 2 mila euro. Mentre qualcuno, ad esempio il quotidiano francese Les Echoes, ha già calcolato che l’insieme delle promesse di Macron farà volare nella legge di bilancio francese il deficit al 3,5%, viene immediatamente da chiedersi cosa abbiano di meno i cittadini francesi rispetto, ad esempio, a quelli italiani o ai poverissimi greci. Lo ha detto proprio Macron che ci sono persone in Francia con stipendi che «non permettono loro di arrivare a fine mese, che si alzano presto ogni giorno al mattino e tornano a casa tardi». Ben venuto Monsieur Macron! Anche in Italia è così, forse anche peggio visto che, dopo una sequela di manovre votate al più cieco rigore, oggi a guidare il Paese c’è un “inedito paradigma politico”, giallo-blu, che ha scelto come assi portanti della sua prima legge di bilancio il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. Ma fin dal suo esordio il governo italiano è stato osservato e trattato con grande diffidenza in Europa e con la stessa diffidenza e severità è stata giudicata la sua prima manovra mirata a restituire diritti e risorse al ceto medio. Presto la Commissione Ue, con in testa il presidente Jean-Claude Juncker, seguito dal vice presidente, Valdis Dombrovskis, e dal commissario economico (francese), Pierre Moscovici, giudicherà con altrettanta attenzione il testo della manovra modificato secondo le indicazioni di Bruxelles. Con quale faccia?