È impossibile fare la Storia con i se ed i ma. In tanti, sicuramente si saranno, però, chiesti quale sarebbe stato l’atteggiamento di Filippo Corridoni alla fine della guerra, se fosse sopravvissuto quel 23 ottobre del 1915 ad uno dei tanti, troppi assalti che hanno caratterizzato la vita in trincea. Filippo Corridoni muore troppo presto, nei primi mesi di guerra a San Martino del Carso, alla Trincea delle Frasche, dove un cippo ne ricorda il sacrificio e il pensiero. Ha ventotto anni compiuti da poco, Filippo Corridoni, ma, nonostante la sua giovane età, ha già provato l’ebbrezza degli ideali da difendere, combattendo. Ha provato pure il carcere e l’esilio volontario all’estero. All’iniziale simpatia per gli ambienti socialisti ed anarchici, Corridoni sostituisce presto la forte amicizia e la comunanza con il gruppo dei sindacalisti rivoluzionari e nazionali da Edmondo Rossoni ai fratelli De Ambris, Alceste ed Amilcare, fino ad incrociare Giuseppe Di Vittorio nell’esperienza dell’Unione sindacale italiana ed a trovare l’appoggio di Benito Mussolini, in quel periodo direttore dell’Avanti!. Avrebbe potuto assistere alla guerra da casa o dalle retrovie, perché ammalato, ma Corridoni è arrivato ad essere accusato di diserzione pur di raggiungere le prime fila dove si combatteva e si moriva. Negli anni a seguire, su Filippo Corridoni sarebbero state scritte tante parole, su quale sarebbe potuta essere la sua posizione durante e, perché no, dopo il Fascismo. Di certo, Corridoni ha scritto una delle pagine più indelebili della Prima guerra mondiale.