di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Anche il Brasile finalmente ha voltato pagina. Jair Bolsonaro, il candidato di destra, è il nuovo Presidente con il 55,29 per cento delle preferenze ed un popolo esultante per il cambiamento, arrivato dopo la lunga e discussa era dominata da Lula e dal Pt, che ha portato il gigante sudamericano a sprofondare in un vero e proprio disastro economico e sociale. Povertà, insicurezza, corruzione dilagante hanno convinto i brasiliani a scegliere di voltare pagina, preferendo Bolsonaro al debole candidato del Pt, Haddad. Nella tornata elettorale si decideva anche in merito al rinnovo politico degli Stati che compongono la Repubblica federale e la gran parte dei nuovi governatori eletti sono di destra, 12 su 13. Nonostante i media siano tutti, come al solito, unanimemente schierati su entrambe le sponde dell’oceano a dipingere Jair Bolsonaro come un “uomo nero”, quasi giustificando l’aggressione armata di cui è stato vittima durante la campagna elettorale e minimizzando i lati oscuri dei suoi oppositori, fra cui l’ex presidente Lula, che deve scontare dodici anni di carcere per reati di corruzione ed è dipinto invece come un novello Gandhi, i cittadini brasiliani non si sono lasciati incantare. Anche oltreoceano, quindi, il popolo ha finalmente deciso di non cedere più alle lusinghe di una deludente sinistra ed ha compreso bene qual è il volto che si cela dietro la sua maschera imbellettata, ricordando la malinconica canzone di Battisti, Lucio. C’è poi, un altro Battisti: Cesare. Il terrorista rosso, pluriomicida, condannato all’ergastolo, finora protetto dai politici brasiliani al potere e che ora, si spera, come dichiarato dallo stesso neo presidente, verrà finalmente consegnato alla giustizia italiana. Un “regalo all’Italia” che Jair Bolsonaro ha deciso di fare forse per rendere omaggio al Paese di cui è originario. Il neo presidente è, infatti, di discendenza italiana sia per parte materna che paterna. Ma l’elemento più importante della novità politica che è avvenuta in Brasile è il consolidamento del vento sovranista che soffia ormai da tempo in tutto il mondo. E che ora ha contagiato anche il gigante – economico e demografico –  carioca. Un vento sempre più difficile da arrestare, nonostante un establishment ogni giorno più agguerrito di fronte alle continue e sonore sconfitte politiche. Un cambiamento che si sta propagando a macchia d’olio in tutto il mondo, rendendo possibili nuovi equilibri e nuove alleanze.