di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La legge Fornero sta per andare in pensione e con lei, ed è questa la cosa importante, migliaia di italiani che erano stati intrappolati al lavoro, nonostante l’età avanzata e congrui anni di servizio e contributi versati. Si apre una nuova prospettiva per i lavoratori in età pensionabile, che finalmente potranno godersi il meritato riposo, senza essere più costretti a lavorare oltre i limiti consentiti dalla natura umana, con rischi per sé e per gli altri. Inizia un’epoca nuova anche per i giovani in cerca di occupazione, che saranno beneficiati da un maggiore turn-over e che, una volta entrati in servizio al posto dei pensionati, non solo saranno in grado di badare economicamente a se stessi, contribuire alla ripresa dei consumi e magari metter su famiglia, ma potranno anche versare a loro volta i contributi e quindi supportare la tenuta del sistema previdenziale. Abbiamo richiesto di superare la Fornero da anni, ovvero da quando la riforma è stata ideata all’epoca del governo Monti, ritenendola vessatoria verso i lavoratori anziani, sfavorevole nei confronti delle persone in cerca di occupazione ed anche a lungo termine controproducente dal punto di vista economico e previdenziale. E finalmente è stata accantonata. Abbiamo bene impresso nella memoria l’imbarazzo mascherato da commozione dell’allora ministro del Lavoro, nel corso della conferenza stampa di presentazione della finanziaria per il 2012, nel pronunciare la parola “sacrifici” mentre annunciava la propria riforma delle pensioni. Sacrifici che il governo dei tecnici chiese a molti ma non a tutti, o per meglio dire impose sempre ai soliti: i lavoratori, la classe media, il popolo italiano. Non riusciamo a dimenticare, ogniqualvolta vediamo Elsa Fornero pontificare a reti semi-unificate su cosa si debba o meno fare, la scandalosa dimenticanza dei supercompetenti che diede vita al fenomeno, indegno di un Paese civile, degli esodati. La riforma Fornero come tabù per un Pd prodigo con le banche e rigoroso coi pensionati. Ecco, ora tutto questo appartiene al passato. Dall’anno prossimo venturo si potrà lasciare il lavoro con quota 100, se in possesso di 38 anni di contributi, il che consentirà di andare in pensione a partire dai 62 anni con un assegno pieno e senza decurtazione alcuna. Si potrà quindi anticipare il ritiro dal lavoro fino a un massimo di 5 anni rispetto all’età pensionabile stabilita dalla Fornero, ovvero 67 anni per il 2019. Per l’Ugl, pur con tutte le prudenze del caso, pur con tutte le possibili migliorie che si potranno fare in futuro e di cui già si sta parlando come “quota 41”, pur con tutte le legittime attenzioni in merito alla tenuta dei conti pubblici, si tratta di una grande notizia, di un’importantissima vittoria da festeggiare, il segno tangibile di un cambiamento di rotta verso una direzione giusta.