Con tutto il rispetto per uno Stato dell’Unione europea con il quale l’Italia ha un legame antichissimo e che ha vissuto, ancora oggi vive, sulla propria pelle il prezzo di una totale rassegnazione ai diktat dell’Europa, ma l’Italia non è mai stata e non è come la Grecia.
Al di là di tutti gli eventuali e soprattutto presunti rischi contenuti nella prima manovra finanziaria del “Governo del Cambiamento”, diventano inaccettabili le minacce che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha rivolto ieri al nostro Paese mentre fibrillavano anche i mercati: «Non vorrei che dopo aver superato la crisi greca ricadessimo nella stessa crisi con l’Italia», «se l’Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell’euro. Bisogna essere molto rigidi», ha detto ancora il presidente. Già da ieri la reazione dei mercati e della spread è stata un bell’assaggio del loro gradimento nei confronti di una manovra da loro considerata rischiosa, perché dà risposte a poveri e pensionanti, ma che invece si deve definire coraggiosa, perché finalmente mette al centro, al posto degli “zero virgola”, i bisogni dei cittadini bersagliati e impoveriti da anni di riforme votate al rigore, da tagli alla spesa pubblica, ai quali hanno dovuto assistere inermi. Lo scontro tra Italia e Europa intorno a una manovra, di cui ancora non si conoscono i dettagli e sulla quale si preferisce scagliare un fuoco preventivo, stamattina aveva già alimentato lo spread facendolo crescere ancora fino a quota 300, per poi assestarsi intorno ai 295, accompagnato da un brusco calo di Piazza Affari, che a metà giornata ha segnato una perdita oltre il punto percentuale (Ftse Mib -1,4%) contagiando anche gli altri listini europei.
La situazione è indubbiamente tesa visto che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, non partecipa all’Ecofin di oggi, essendo tornato ieri a Roma da Lussemburgo ufficialmente per potersi dedicare al completamento della Nota di aggiornamento al Def, con nella testa tutte le rimostranze dei colleghi europei, i quali anche oggi non smettono di redarguire l’Italia.
Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha detto: «Quello che vediamo oggi sembra non in linea con il patto di stabilità, ma siamo aperti al dialogo con le autorità italiane e speriamo che il bilancio sia riportato in linea con il patto di stabilità». Anche i mercati sembrano affermare la stessa cosa: dunque è scattata la tenaglia, ma l’Italia non è la Grecia. Non lo è per il differente tessuto industriale, per l’ingente risparmio privato, per i servizi e per le banche, lo è senza ombra di dubbio per il Governo, un Governo completamente diverso, perché orientato al cambiamento. Ed è proprio quest’ultimo, il cambiamento, a fare paura, molto più della Nota di aggiornamento al Def.