di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Il piccolo Paese balcanico rappresenta una cartina di tornasole per comprendere cosa sta accadendo in Europa. Ieri in Macedonia si è tenuto un referendum per verificare il consenso popolare su due questioni fra loro connesse: il cambiamento del nome dello Stato e l’adesione di questo all’Unione europea. L’elettorato è stato infatti chiamato a decidere se approvare o meno di trasformare il nome del Paese in “Macedonia del Nord”, indispensabile, a seguito dell’accordo fra lo Stato balcanico e la Grecia, per poter procedere verso l’adesione alla Ue ed alla Nato. Un tempo il risultato sarebbe stato uno scontato plebiscito per il sì. Oggi, invece, sappiamo che le cose sono profondamente cambiate: il referendum è stato un vero e proprio flop, con un’affluenza estremamente bassa, al 36% circa, ben lontana dal quorum del 50% più uno. I votanti coincidono sostanzialmente con i sostenitori del sì, che infatti, fra i pochi che si sono recati alle urne, hanno prevalso nettamente, con il 91%. I fautori del no hanno preferito boicottare direttamente il referendum, disertando i seggi. Anche se la bassa affluenza non pregiudica che il processo di adesione continui, dato che il compito di decidere spetta al Parlamento di Skopje, non sembra politicamente conveniente ignorare l’opinione, così chiaramente sfavorevole, della popolazione. Risulta nel complesso sconfessata la linea politica – socialdemocratica ed europeista – del governo di Zoran Zaev, mentre vengono rafforzati i partiti di opposizione, che possono avvalersi del sostegno dello stesso presidente della Repubblica, Ivanov, che ha invitato gli elettori a disertare le urne, e soprattutto i movimenti nazionalisti ed euroscettici. Ora si aprono vari possibili scenari: Zaev ha assicurato che andrà avanti con il processo di ratifica, dato che, almeno formalmente, hanno comunque prevalso i sì, ma non si può escludere l’ipotesi di elezioni anticipate. Al di là del singolo caso relativo al piccolo Stato balcanico e indipendentemente da come finirà questo braccio di ferro fra favorevoli o contrari, da questa vicenda si possono trarre importanti conclusioni sullo stato di salute dell’Ue. Le attuali politiche di Bruxelles spingono molti Stati membri a chiedere profondi cambiamenti, la Gran Bretagna ha addirittura scelto di uscirne, anche a costo di sacrifici, ed ora anche il popolo di un piccolo Paese come la Macedonia, che un tempo avrebbe considerato la prospettiva di far parte dell’Unione come un’occasione da non perdere, preferirebbe restarne fuori. La Ue, per come la conosciamo, è alla frutta.