di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

La vertenza Ilva, che poche settimane fa sembrava destinata ad un triste epilogo, si è conclusa in modo decisamente positivo e, ferma restando la necessaria vigilanza in merito all’effettiva realizzazione di tutti gli impegni presi, è stato ottenuto un risultato superiore alle aspettative. La gestione della vicenda da parte del nuovo Esecutivo gialloblu è stata caratterizzata da un metodo dirompente: lo spettro della chiusura, la possibilità dell’annullamento della gara vinta da Arcelormittal ed infine, grazie al ruolo decisivo del sindacato, l’accordo. Un metodo che – potremmo dire per stuzzicare l’immaginazione degli appassionati di politica nell’era del sovranismo – ricorda molto lo “stile Trump”, insomma il bastone e la carota. Ora è la volta di Alitalia. Si tratta dell’altra fondamentale vertenza che da anni incombe sul Paese, coinvolgendo circa 12mila lavoratori ed il futuro di un settore strategico. Conosciamo le problematiche scaturite da anni di scelte sbagliate. Comprendiamo l’importanza di individuare una nuova proprietà capace di infondere fiducia e speranza. Insomma, le similitudini tra Ilva ed Alitalia, nonostante le evidenti differenze, sono moltissime. Sembra simile anche l’approccio “trumpiano”, stavolta portato avanti non da Di Maio, ma dal decisamente meno assertivo ministro delle Infrastrutture e dei trasporti  Danilo Toninelli. Speriamo bene. Al momento Toninelli ha già fatto esplodere un paio di “bombe mediatiche” capaci di creare un certo scompiglio. Innanzitutto ha annunciato che il termine di scadenza per la procedura di vendita, fissato al 31 ottobre, potrebbe essere prorogato, realisticamente non oltre il 15 dicembre, data finale per la restituzione del prestito ponte. Non solo. Ha affermato che Lufthansa, da tempo interessata al vettore italiano, non può essere considerata partner strategico, generando più di un malumore nel quartier generale dell’aviolinea tedesca. Infine si è spinto persino a tratteggiare l’ipotesi considerata più estrema, quella della rinazionalizzazione, immaginando un ruolo attivo di Ferrovie dello Stato, Cdp e Poste italiane, assieme al colosso aerospaziale statunitense Boeing, generando qualche imbarazzo fra le aziende chiamate in causa. Ora, dal punto di vista sindacale, l’essenziale è la salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori di Alitalia, e non solo una parte di essi, con anche un occhio, come si richiede ad un sindacato confederale, alle ricadute complessive, ovvero indotto, turismo, e così via. Allo stesso modo è necessario garantire un corretto utilizzo dei beni pubblici, gestendo in modo efficiente le proprietà, che se del caso devono essere vendute, ma mai svendute, ed il denaro dei contribuenti, da investire in progetti durevoli e convenienti. La speranza è che anche stavolta la spericolata strategia gialloblu porti ad un esito positivo.