di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Alla crisi finanziaria, economica, occupazionale, agli sconvolgimenti ambientali, demografici e sociali del mondo globalizzato si sta contrapponendo una risposta politica riassumibile in una parola: sovranismo. Ovvero quel ritorno alle patrie, ai confini in grado di porre un freno alle speculazioni, al dilagare del modello produttivo ultraliberista, alle ondate migratorie spinte dalla povertà a spostarsi da un luogo all’altro del pianeta. Il sovranismo resta un fenomeno complesso e multiforme, che si traduce in situazioni diverse fra loro, dalla vittoria di Trump alle esperienze dei vari partiti cosiddetti “populisti” europei. In questa dicotomia da terzo millennio tra globalismo e sovranismo si è innestata quella novecentesca tra sinistra e destra. I partiti di sinistra, abbandonata l’eredità socialista e abbracciata l’ideologia liberal, sono diventati i rappresentanti principali della fazione globalista, mentre i partiti di destra, specie quelli meno moderati, si sono fatti portabandiera del sovranismo. Ora però sta emergendo una terza possibilità, anche stavolta proprio in Italia, piccolo ma straordinario Paese, da sempre laboratorio del pensiero politico mondiale. Dopo l’esperienza originale del governo gialloblu, che ha messo insieme la destra sovranista salviniana ed il populismo post-ideologico dei Cinquestelle in un mix già da alcuni definito “rossobruno”, ora arriva anche un nuovo movimento, proveniente dalla sinistra vera, quella orgogliosa dell’eredità comunista, a tratteggiare il nuovo corso: Stefano Fassina ha fatto il salto della barricata. Dopo un passato nel Pd, per di più da viceministro dell’economia del governo Letta, Fassina ha finalmente compreso che allo storico partitone ormai tristemente noto per l’appoggio alle banche e per l’abolizione dell’articolo 18 non è rimasto nulla della sinistra che fu ed è passato a Leu. Non solo. Il nostro ha anche capito, ed è notizia recente, che, nello scontro fra globalismo e sovranismo, i diritti dei popoli, dei lavoratori e degli oppressi – che dovrebbero stare a cuore di ogni degno nostalgico della Bandiera Rossa – non vengono certo difesi dai globalizzatori amanti della finanza e delle multinazionali. Ed ha così fondato un’associazione dal nome vagamente castrista: “Patria e Costituzione”. Ovvero il primo caso degno di nota di una sinistra orgogliosamente sovranista, che rivendica il ruolo dello Stato nell’economia, nella difesa dei diritti sociali e lavorativi di fronte allo strapotere del capitalismo globale. Dato che, nel nuovo bipolarismo fra globalismo e sovranità, occorre schierarsi – tertium non datur – il nostro si è, finalmente, meglio tardi che mai, schierato. Aspettando che le buone intenzioni si traducano in fatti e scelte politiche conseguenti, diamo quindi a Stefano Fassina un caloroso benvenuto fra i patrioti.