È stata oggettivamente dura, ma, alla fine, le organizzazioni sindacali, dalla Cgil alla Ugl, hanno portato a casa risultati assolutamente non scontati. Il percorso sull’Ilva è stato decisamente lungo, peraltro ben rappresentato dalle ultime ore di trattativa. Confrontando l’accordo sottoscritto il 6 al Ministero dello sviluppo economico con quello predisposto dall’allora ministro Carlo Calenda, le differenze sono evidenti. Le assunzioni immediate sono 700 in più; si passa infatti da 10mila a 10.700. L’intesa di queste ore, inoltre, garantisce a tutti i lavoratori già in forza al 7 marzo del 2015 (data di entrata in vigore dei primi decreti del Jobs act) la tutela dell’articolo 18; a suo tempo, la questione era stata messa sul tavolo, ma la nuova proprietà guidata da ArcelorMittal non aveva mai formalizzato la cosa. Tutti gli occupati saranno in quota alla cordata Am InvestCo e quindi rimarranno in Ilva. Viceversa, con il precedente esecutivo almeno 1.500 dipendenti sarebbe transitati in una nuova società di Invitalia per la bonifica dell’area. Nulla cambia sulla durata della cassa integrazione (5 anni), così come sulle uscite verso la pensione, sempre stimate in un numero compreso fra 300 e 600. 50 milioni, da 200 a 250 milioni, in più, invece, per incentivare le eventuali uscite volontarie dei dipendenti che potrebbe essere al massimo 2.500.