Inizia la settimana decisiva per Ilva. Per mercoledì, il ministro del lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha convocato al Mise tutti gli attori in campo, per quello che si annuncia come l’incontro da dentro o fuori. Con il vice premier, infatti, siederanno al tavolo i tre attuali commissari – Laghi, Gnudi e Carrubba –, i rappresentanti di AM Investco Italy e le rappresentanze sindacali territoriali, nazionali e confederali di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb più Federmanager. Insomma, un parterre di eccezione per una vertenza che è, indubbiamente, eccezionale per tutto quello che Ilva rappresenta per il Paese e per l’industria siderurgica. Quello che è successo in queste settimane è noto. Di Maio, ereditato il dossier Ilva dal suo predecessore Carlo Calenda, ha voluto vederci chiaro, prendendosi tempo fino al 15 settembre. Contemporaneamente, ha interrogato l’Anac e l’avvocatura dello Stato; soprattutto la prima ha evidenziato delle incongruenze nella procedura, tanto da mettere in dubbio la correttezza complessiva dell’atto. Di Maio ha usato parole molto dure, chiamando in causa chi lo ha preceduto, ma non sciogliendo i dubbi su quali siano le decisioni. Su tutto pesano, inoltre, le giuste rivendicazioni del sindacato che chiede il mantenimento dei livelli occupazionali – si parla di poco più di 13.500 dipendenti -, cosa che Mittal al momento non assicura, fermandosi al di sotto di almeno tremila unità a regime.