I dati non sono nuovi, visto che, comunque, l’Ispettorato nazionale del lavoro li aveva resi noti in occasione dell’ultima riunione della Commissione centrale di coordinamento delle attività di vigilanza, ma l’analisi della Fondazione dei consulenti del lavoro permette di comprendere in maniera ancora più approfondita il peso del sommerso nel mondo del lavoro. A conti fatti, secondo lo studio del consulenti del lavoro, sarebbero almeno un milione e mezzo le persone occupate in nero nelle aziende italiane. Un numero enorme che comporta un mancato gettito di 20,6 miliardi di euro annui, in termini di evasione contributiva e fiscale. Letto dal versante del lavoratore, la situazione è drammatica. Occupazione in nero, infatti, significativa nessuna copertura previdenziale e assicurativa, con conseguenze negative sul presente e sul futuro. Senza versamenti contributivi, il lavoratore e la lavoratrice non possono, ad esempio, accedere alla Naspi né vedersi riconosciuti il diritto al sostegno al reddito in caso di maternità o paternità. Per non parlare della malattia e della tutela contro gli infortuni sul lavoro. L’unica consolazione in un tale scenario è che il lavoro nero sarebbe nel complesso in calo, ma non in tutte le sue forme: aumenta infatti l’intermediazione fraudolenta di manodopera, come pure il caporalato, con una sessantina di imprenditori segnalati nei primi mesi del 2018.