di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Si torna a pronunciare una parola che da un bel po’ di anni aveva perso il suo posto nell’immaginario italiano, confinata nell’armadio dei ricordi assieme al mangiadischi ed al telefono a gettoni: nazionalizzazione. Ora invece è stata di nuovo catapultata al centro del dibattito politico in seguito alla tragedia di Genova ed al conseguente avvio della procedura di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Che fare dopo l’eventuale revoca? Le ipotesi in campo sono diverse: riconsegnare l’infrastruttura ad un nuovo privato, dopo un’attenta gara e condizioni contrattuali capaci di offrire maggiori garanzie sulla manutenzione, oppure procedere verso l’ingresso con quota di maggioranza di Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di Autostrade, attualmente controllato da Atlantia, o addirittura tornare ad una gestione diretta da parte dello Stato. Noi dell’Ugl, e non solo noi a dire il vero, abbiamo sempre rifiutato di aderire pedissequamente al nuovo corso che imponeva di considerare, sempre e tout court, il privato migliore del pubblico. Anche quando, dal periodo delle grandi liberalizzazioni degli anni ‘90 fino a poco tempo fa, privatizzazioni ed esternalizzazioni venivano considerate quasi unanimemente come la panacea di tutti i mali, l’Ugl continuava a contrastare il processo di smantellamento della presenza dello Stato non solo nel welfare, ma anche nei settori strategici di interesse nazionale, in quanto, pur comprendendo la necessità di modernizzare, abbiamo sempre ritenuto necessario non perdere di vista la natura peculiare di alcuni settori e servizi, nei quali è fondamentale mantenere la priorità degli interessi collettivi rispetto quelli individuali o di gruppo. Nel complesso, esistono settori di importanza tale da non poter essere lasciati alle scorribande del mercato che, se non direttamente gestiti dallo Stato, devono comunque e necessariamente essere regolamentati in modo particolarmente rigoroso. La critica mossa alla gestione pubblica è sempre stata relativa ad efficienza, trasparenza, costi e qualità. Abbiamo visto in diverse occasioni, ultima delle quali, purtroppo, quella delle autostrade, che non è semplicemente la natura pubblica o privata della gestione a garantire l’ottenimento di tali basilari obiettivi. Occorre, piuttosto, garantire un sistema adeguato di controlli e sanzioni ed una rigorosa vigilanza su eventuali conflitti d’interessi a tutti i livelli. Una problematica, quest’ultima, fondamentale, che non è stata adeguatamente affrontata nel ventennio trascorso, durante la cosiddetta “seconda repubblica” quando il tema era confinato solo sul settore delle comunicazioni, sul quale era puntata la lente d’ingrandimento per scopi politici, rendendo quasi invisibili zone d’ombra in altri ambiti, forse ancor più rilevanti.