di Caterina Mangia

«Una vita da mediano, a recuperar palloni: nato senza i piedi buoni, lavorare sui polmoni».
A intonare questa canzone di Ligabue, un vero e proprio inno alla fatica quotidiana di chi tira avanti con le proprie forze, è stato nientemeno che Sting. L’icona mondiale della musica jazz, reggae, world-beat e new age, in vacanza in un casale del Chianti, ha voluto fare un regalo ai lavoratori della Bekaert di Figline Valdarno, in presidio permanente di fronte ai cancelli dello stabilimento dopo che la multinazionale belga che produce acciaio ha deciso di chiudere e licenziare i 318 dipendenti: lo scorso 18 agosto, intorno alle 11, si è presentato insieme alla moglie Trudie e ha sollevato gli animi dei dipendenti della fabbrica intonando anche la celeberrima “Message in a bottle”. «La vostra storia è la stessa storia del mio Paese, dove fu chiusa all’improvviso l’unica fabbrica che c’era, che produceva navi», ha detto in inglese il cantautore rivolgendosi ai lavoratori.
In una lettera al Corriere della Sera pubblicata oggi, Sting ha spiegato che «stare sulla linea del picchetto ha una risonanza emotiva per me», e aggiunto che «questa storia di oggi a Figline e la storia della mia città natale sono ovviamente collegate, ma anche indicatrice di una questione mondiale, che deve essere affrontata con urgenza dai nostri economisti e dai nostri responsabili politici».
Il gesto di solidarietà di Sting ha riportato l’arte alla sua funzione sociale, che attualmente i musicisti italiani hanno per lo più messo in secondo piano: quella di restituire speranza, prospettiva, sollievo, dignità.