di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Se la minoranza politica è in affanno, se il Pd è in cerca di un leader e soprattutto di un’identità forte in grado di rianimare il proprio bacino, sempre più esiguo, di sostenitori, se alla sinistra in generale, perso ormai il contatto con le masse popolari e la classe lavoratrice, non resta che appellarsi a influencer, blogger ed altri cosiddetti “vip”, comunque un’opposizione solida e strutturata esiste, resiste e persiste. Un’opposizione ferma e inflessibile al governo “gialloverde”, che non viene però dalle fabbriche, dalle categorie sociali messe in difficoltà dalla crisi, dalle masse in cerca di lavoro, dai precari e dai sotto occupati, dai giovani in fuga, dai pensionati minimi, dalle piccole aziende artigiane subissate di tasse e costrette a chiudere, dagli studenti obbligati ad una poco dignitosa “alternanza” tra licei e fast-food, dalle periferie in affanno. Quelli appena elencati sono, nella maggior parte dei casi, gli speranzosi sostenitori del cambiamento incarnato dal nuovo corso politico. Al contrario i fieri oppositori, i “barricaderi”, vestono rigorosamente in giacca e cravatta, detengono grandi capitali e decidono delle sorti di migliaia di imprese e persone, mentre la sede del “governo ombra” è nel prestigioso quartiere Eur di Roma, in viale dell’Astronomia. Si tratta, ormai l’identikit è chiaro, dei grandi imprenditori associati in Confindustria. O, per meglio dire, dei loro rappresentanti, che hanno stabilito una linea di preventiva e inflessibile opposizione a qualunque misura intrapresa dall’esecutivo, ingaggiando una battaglia senza quartiere, con in prima linea il quotidiano di riferimento, il Sole 24 Ore. Il governo si è appena insediato e già scorgono all’orizzonte catastrofi economiche e sociali, lasciando percepire di coltivare quasi la speranza di veder avverate tali fosche previsioni. Confindustria ha bocciato senza appello il decreto dignità a causa delle norme a contrasto della precarietà estrema – che, ricordiamolo, non è lesiva solo per i lavoratori, ma a lungo termine, riducendo i consumi, anche per le imprese – nonostante il decreto contenesse anche misure per le imprese in merito a spesometro, redditometro, split payment e studi di settore. Non solo. Ha anche immediatamente derubricato come poco incisivi anche gli altri provvedimenti allo studio e che dovrebbero essere trasformati in legge a breve, almeno come primo step. Si tratta della flat tax e della pace fiscale, che, nonostante siano misure visibilmente minimizzate da Confindustria, sono in realtà attese con ansia da migliaia di partite Iva, artigiani, commercianti e piccoli imprenditori. Proposte alla base anche della vittoria elettorale della Lega e di tutto il centrodestra che le aveva sostenute ed ora fatte proprie dal governo, che le ha introdotte nel “contratto”. Una presa di posizione francamente incomprensibile.