di Francesco Paolo Capone

Segretario Generale Ugl

Dal bollettino pubblicato oggi dall’Inail sugli incidenti sul lavoro, mortali e non, emerge un quadro affatto sorprendente ma non per questo meno grave, che rappresenta una tragica conferma di cui non avevamo certo bisogno, in merito alla necessità di portare avanti la campagna di sensibilizzazione sul tema della sicurezza sul lavoro inaugurata il 1° maggio di quest’anno a Roma dall’Ugl, già portata in piazza Duomo a Milano, intitolata “Lavorare per vivere”.

La fredda realtà dei numeri fotografa un lievissimo miglioramento di cui non ci possiamo e non ci dobbiamo ritenere soddisfatti: le denunce di incidenti mortali sul lavoro presentate all’Inail nei primi sei mesi di quest’anno sono state 469, 4 in meno rispetto alle 473 dell’analogo periodo del  2017, registrando così una diminuzione pari al -0,8%. Ma nello stesso periodo del 2018 nel settore Industria e servizi è stato registrato un aumento di 18 casi  mortali, che così passano da 401 a 419, mentre in Agricoltura i decessi sono stati 13 in meno (da 56 a  43) e nello Stato nove in meno (da 16 a 7). Non meno preoccupante, perché significativo di un malessere diffuso tra i lavoratori è, a fronte di una diminuzione dei casi avvenuti in occasione di lavoro (da 337 a 331), l’aumento degli incidenti avvenuti in itinere ovvero nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, aumentati di due unità, che passano così da 136 a 138. Così anche, dopo un 2017 in diminuzione, l’aumento delle denunce di malattia professionale sebbene a un ritmo più lento rispetto alle cinque rilevazioni mensili precedenti e pari a +2,5%.

A livello territoriale per i casi mortali è stato riscontrato un incremento di sette casi nel Nord-Ovest, di 12 casi nel Nord-Est e di due al Centro. Le diminuzioni che si riscontrano nel Sud, pari a -9 decessi, e nelle Isole, pari a -16, non sono purtroppo, secondo il nostro parere, imputabili a comportamenti più virtuosi e quindi ad una maggiore prevenzione o attenzione alle tante norme esistenti in materia di sicurezza, ma quasi certamente alla disoccupazione e alla desertificazione industriale. Una diminuzione quindi imputabile a quel divario di ricchezza, di crescita e di sviluppo tra Nord e Sud del Paese. Non a caso a livello regionale spiccano i 16 casi mortali in più del Veneto (da 43 a 59), sebbene vi siano anche i 12 in più della Calabria (da 5 a 17). Cali significativi si registrano in Abruzzo, in Sicilia e in Puglia.

Altro aspetto da segnalare in senso negativo è che, a fronte di una diminuzione registrata nella componente maschile del mondo del lavoro, per la quale i casi mortali denunciati sono nove in meno (da 427 a 418), è stato rilevato invece un aumento dei casi mortali nella componente femminile con cinque casi in più (da 46 a 51).

A conferma dei pericoli che produce l’innalzamento dell’età pensionabile, è da segnalare l’andamento per classi di età: una morte su due ha coinvolto lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni con un incremento di 31 casi (da 203 a 234), mentre sono in diminuzione quelli che riguardano gli under 34 (da 76 a 71), i lavoratori tra i 35 e i 49  anni (da 159 a 132), per gli over 65 (da 35 a 32) la lieve diminuzione dovrebbe significare, auspicabilmente, che da quell’età in poi siano assegnati a lavori meno faticosi e pericolosi.