25 anni dal Protocollo sulla politica dei redditi e l’occupazione voluto da Ciampi

Venticinquesimo anniversario decisamente in sordina. Sono passati infatti cinque lustri da quel 23 luglio del 1993, quando il governo, le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali sottoscrissero il Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione. Era, indubbiamente, un’altra Italia. Basti pensare che per l’esecutivo le firme in calce furono di Carlo Azeglio Ciampi, di Gino Giugni e di Sabino Cassese. Un Paese sul quale si era abbattuta con forza Tangentopoli e che, dopo qualche mese, avrebbe visto la discesa in campo di Silvio Berlusconi e il definitivo sdoganamento di forze politiche come il Movimento sociale italiano e la Lega nord. Il Protocollo del 23 luglio del 1993 poggia su quattro pilastri. La politica dei redditi e dell’occupazione con la previsione della cosiddetta concertazione – vale a dire un confronto stringente fra governo e parti sociali – sul documento di economia e finanza (il Dpef) in primavera e sulla Legge finanziaria in autunno, con un focus annuale sull’occupazione. L’intesa, anche con l’obiettivo di ridurre l’impatto dell’inflazione galoppante, prevede, sul versante della contrattazione, un doppio livello con una durata diversa per la parte normativa (quattro anni) e per quella economica (doppio biennio economico). Gli altri due pilastri, le politiche del lavoro, con la gestione delle crisi e l’occupazione giovanile, e il sostegno al sistema produttivo, con la ricerca, l’innovazione e la formazione.