di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Ilva, Alitalia ed ora Fca. Le grandi aziende simbolo dell’Italia produttiva sono a un bivio. Come difendere l’italianità della produzione industriale nel contesto globalizzato? Ancora attendiamo di comprendere quale sarà la sorte dell’Ilva, alla luce delle criticità nella procedura di vendita riscontrate da Cantone e delle conseguenti decisioni che dovranno essere prese da Di Maio. Il destino di Alitalia resta sospeso e si cercano le interlocuzioni necessarie ad assicurare un futuro alla compagnia aerea. Ed oggi anche Fca, dopo il cambio ai vertici, resosi necessario a causa dell’aggravamento delle condizioni di salute dell’ad Marchionne, si trova ad affrontare nuove sfide. In questi giorni, poi, è al centro del dibattito politico il “decreto dignità” che, fra le varie materie di cui si occupa, tratta la questione delocalizzazioni in rapporto agli aiuti di Stato a vario titolo ricevuti dalle aziende. Il mondo si divide intorno ai dazi americani e si scontra sull’esito dei grandi accordi commerciali internazionali, ieri il Ttip, oggi il Ceta. Il destino delle grandi ed anche delle piccole aziende del nostro Paese si dimostra sempre più inesorabilmente legato alle decisioni che saranno prese in tema di globalizzazione, se essa debba procedere orientata solo sulle esigenze dei mercati o se invece possa essere guidata anche sulla base di altri principi, siano essi quelli relativi alle questioni sociali, diritti del lavoro e tutela dell’occupazione, al rispetto dell’ambiente o al primato dell’interesse nazionale. Non si tratta certo di questioni di poco conto. Tutt’altro. È su questo terreno che si gioca oggi lo scontro politico, sinteticamente riassunto nella contrapposizione fra globalismi e sovranismi, fra coloro che ritengono debba essere abbattuto ogni limite, lasciando libero corso agli interessi della finanza e del mercato nella convinzione che una provvidenziale “mano invisibile” trasformerà i vantaggi dei pochi in benefici per tutti e chi invece crede che sia più opportuno, più prudente e soprattutto più giusto individuare categorie superiori da salvaguardare e mettere al riparo dallo tsunami della globalizzazione. Se ancora non l’avessimo dichiarato e dimostrato abbastanza, stiamo con i secondi, pur consapevoli della complessità della sfida di voler preservare la nostra tradizione sociale e risolvere la questione occupazionale, mantenendo e riportando l’Italia nel novero delle nazioni più influenti dal punto di vista industriale. Vivendo nel mondo di oggi senza dimenticare valori e radici.

Il destino di Fca

In queste ore, oltre all’umana vicinanza all’ex amministratore delegato Sergio Marchionne ed alla sua famiglia, il pensiero va al futuro del gruppo Fiat Chrysler ed in particolare a quello degli operai italiani, con la speranza che, alla luce dei buoni risultati ottenuti in questi anni, le linee di produzione presenti nel nostro Paese siano mantenute – e nel pieno rispetto dei diritti faticosamente conquistati dai lavoratori – come sembra voler indicare la scelta del nuovo manager, l’inglese Mike Manley, in continuità rispetto alla precedente dirigenza.