di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Alla drammatica vicenda Ilva si aggiunge in questi giorni un nuovo capitolo. L’Anac, l’autorità anticorruzione presieduta da Cantone, ha rilevato delle significative criticità nella procedura di gara per l’acquisto dell’acciaieria e nei criteri di aggiudicazione della stessa, vinta dalla cordata AmInvestco Italy. Il verdetto dell’Authority giunge in forma epistolare, attraverso una lettera inviata a Di Maio in risposta ad una richiesta dello stesso Ministero, che a sua volta è stato sollecitato dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, a verificare la correttezza degli adempimenti che hanno portato AmInvestco, ovvero il gruppo di investitori guidato dal colosso indiano Arcelor Mittal, ma composto anche dall’italianissima Marcegaglia, ad aggiudicarsi la gara. La risposta dell’Anac non comporta automaticamente l’annullamento della gara: ora tutto passa di nuovo nelle mani del Mise, che, in base a quanto annunciato oggi da Di Maio a Montecitorio, dovrebbe aprire un’indagine per chiarire come siano andate effettivamente le cose e quali siano le responsabilità per non aver richiesto ai compratori le massime tutele ambientali e occupazionali, se non addirittura per aver voluto favorire AmInvestco Italy rispetto agli altri possibili acquirenti ed in particolare rispetto all’altro principale competitor, Acciaitalia, l’altra cordata, composta da Jindal, Arvedi, Cassa Depositi e prestiti e la Delfin di Del Vecchio. Accuse che pesano come un macigno non solo su Carlo Calenda, ma più in generale su tutta la gestione della vicenda Ilva durante i governi Renzi e Gentiloni. Già prima della missiva dell’Anac, quando il Governo, giudicando insoddisfacente il piano occupazionale ed ambientale di AmInvestco, aveva richiesto una controproposta migliorativa si erano susseguite voci circa una possibile nuova offerta proveniente proprio da Acciaitalia. Insomma, alla vigila del termine dell’amministrazione straordinaria, fissato al 15 settembre dopo una proroga, si sperava di giungere ad una soluzione per l’acciaieria, ed invece sull’Ilva è scoppiata una nuova – l’ennesima – bomba. Le irregolarità riscontrate dall’Anac sono indubbiamente gravi, le responsabilità da accertare ed eventualmente sanzionare in modo adeguato. A pagare, come sempre, saranno, però, prima di tutto i 14mila lavoratori dell’Ilva ed i cittadini di Taranto, Genova e delle altre sedi dell’azienda, costretti ancora una volta a vedere la propria sorte appesa ad un filo. Trovare rapidamente una soluzione soddisfacente – indipendentemente da quale sia la cordata che si aggiudicherà la proprietà dell’acciaieria – per scongiurare la chiusura e fare in modo che l’Ilva possa continuare ad operare e con essa possano andare avanti il lavoro dei dipendenti e le bonifiche ambientali, è questo il primo e fondamentale obiettivo che devono darsi il Governo ed il Mise.