di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

C’è da covare più di qualche speranza sulla vertenza Ilva. Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, sta ponendo le basi per  un «percorso condiviso» da costruire insieme a tutte le parti in causa. La migliore delle soluzioni, ancora di più alla luce delle forti turbolenze che si stanno manifestando in questi giorni sui mercati internazionali, è salvaguardare il patrimonio industriale e i posti di lavoro, insieme all’ambiente.
Il Gruppo Ilva, nonostante la sua profonda crisi, resta ancora un campione europeo dell’acciaio e tutta l’industria italiana, a partire da quella meccanica fino alla chimica, dipende da esso. È fondamentale salvaguardare e rilanciare la siderurgia se vogliamo essere in grado come Paese, e come Continente, di resistere e di competere all’interno di uno scenario estremamente più conflittuale rispetto al passato. La guerra dei dazi che si sta scatenando in questi giorni tra Usa e Cina, per ora più a suon di dichiarazioni che di fatti, sta già producendo ripercussioni negative sulle borse di mezzo mondo, dopo che, proprio ieri, Donald Trump ha minacciato ulteriori dazi su beni cinesi per 200 miliardi di dollari, portando così a 250 miliardi le importazioni da Pechino sottoposte a tariffe doganali.
Dazio chiama dazio, si potrebbe dire, e prima o poi – molti analisti lo sostengono – dalle minacce si passerà ai fatti e i settori di interesse andranno oltre a quelli già “incandescenti” dell’acciaio e dell’alluminio. In merito ha espresso preoccupazione anche il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, durante il dibattito odierno in Parlamento sul Def, sottolineando come «le  tensioni protezionistiche hanno già rallentato la crescita del commercio internazionale e raffreddato la fiducia delle imprese  manufatturiere». Secondo Coldiretti addirittura l’imposizione dei dazi tra Cina e Usa «apre scenari inediti e preoccupanti nel commercio mondiale di alcuni prodotti base dei mercati dell’Unione Europea a  partire da quelli agroalimentari». Abbiamo bisogno più che mai dell’industria siderurgica, perché abbiamo bisogno di crescere, di creare nuovi posti di lavoro e di diventare più forti complessivamente, in termini politici ed economici, come Paese. Soprattutto se, secondo quanto dichiarato e sottoscritto dal Governo in carica, l’obiettivo è il cambiamento vero e irreversibile.
Se non è ancora guerra dei dazi, il vento spira già molto forte.