di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Nella storia repubblicana un solo parlamentare ha effettivamente rinunciato al proprio vitalizio: il deputato del MSI Enrico Endrich, che nel 1955 si dimise per protesta proprio contro la delibera che istituiva la rendita per gli ex onorevoli. Da allora molto tempo è passato e molte cose sono cambiate, a partire dalla riforma del 2012 che ha ristretto le maglie ed ha trasformato i vitalizi in pensioni. Ma ancora oggi le condizioni di accesso alla pensione fra comuni lavoratori e membri del Parlamento sono molto differenti e, specie in periodo di ristrettezze economiche e riforme pensionistiche, questo istituto continua a sembrare iniquo oltre che anacronistico. Mentre la situazione politica rimane incerta, restano profonde le distanze fra i partiti e si fatica a trovare un punto d’intesa capace di dar vita concretamente ad un governo, sembra invece profilarsi all’orizzonte una convergenza proprio sul tema dei vitalizi. Dopo l’elezione a Presidente della Camera di Roberto Fico, la proposta di un ridisegno della materia nell’ambito di una complessiva riduzione dei costi della politica e di eliminazione dei privilegi, cavallo di battaglia del M5S, ha ripreso quota. Anche la Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati ha subito fatto proprio il tema auspicando «che i senatori Questori avviino quanto prima, assieme ai colleghi della Camera, l’annunciata istruttoria congiunta sul tema dei vitalizi». E così lo scorso 12 aprile si è tenuta la prima riunione informale dei collegi dei Questori per parlare dell’abolizione dei vitalizi. Ora è tornato ad occuparsi della faccenda anche Tito Boeri che, intervistato su Rai Tre da Lucia Annunziata, ha messo sul tavolo la questione economica: se spesso si era detto che il problema era più simbolico che concreto, il presidente dell’Inps ha invece affermato che un ricalcolo contributivo dei vitalizi porterebbe a risparmi «nell’ordine dei 150 milioni l’anno». Non solo, Boeri ha anche ricordato che esiste la questione degli oneri figurativi per i parlamentari ex lavoratori dipendenti, che continuano ad essere versati dall’Inps durante il mandato politico, a volte anche per 20 o 30 anni, questione per la quale già si era rivolto all’ex Presidente della Camera Boldrini, senza aver ricevuto risposta, e che ora è oggetto di una lettera appena inviata al nuovo ufficio di presidenza di Montecitorio, anch’essa per il momento in attesa di riscontro. Fratelli d’Italia dal canto suo rivendica una fra le prime proposte sul tema, presentata nella scorsa legislatura e che tuttavia non passò per la contrarietà della sinistra e l’astensione dei Cinque Stelle. Ora però i tempi sembrano maturi e, salvo poche voci discordanti, le principali forze politiche sembrano unanimi nel voler rivedere un sistema che aumenta le distanza e crea sfiducia nel rapporto fra cittadini ed istituzioni.