L’insostenibile leggerezza delle pensioni. Accade già oggi e, se le cose non cambieranno nei prossimi mesi, andrà sempre peggio per effetto della precarizzazione dei rapporti di lavoro e per i coefficienti di trasformazione poco equi. Il 62,2% delle pensioni erogate ha un importo inferiore a 750 euro mensili. La percentuale sale al 75,5% nel caso delle donne e scende al 44,6% fra gli uomini. In valori assoluti, si tratta di oltre undici milioni di pensionati, quasi cinque milioni dei quali è titolare di una prestazione legata al reddito. Nella fascia fra 750 e mille euro si posizionano altri 1,7 milioni di cittadini (il 9,6%), mentre altri 1,2 milioni (il 7,1%) è ricompreso nella fascia fra mille e 1.250 euro. Insomma, a conti fatti una platea ampia, molto vicina all’80% (il 91,5% nella sola componente femminile) del totale dei pensionati percepisce un assegno inferiore a 1.250 euro. Insomma, pensioni da fame che spingono una parte consistente dei pensionati vicino alla soglia di povertà, compresi quelli che hanno versato un ammontare di contributi consistente. Guardando alle medie, i circa 200 miliardi di euro, distribuendosi su una platea di poco meno di 18 milioni di pensioni erogate, porta ad un valore di 880 euro pro capite che diventano quasi mille euro al Nord e scendono a meno di 700 euro al Sud. La costante è che comunque nel Mezzogiorno le pensioni medie sono più basse che nelle altre parti d’Italia.