di Caterina Mangia

In Italia l’innalzamento dell’età pensionabile è necessario, altrimenti l’effetto invecchiamento provocherà una brusca frenata del Pil: dopo l’Fmi e l’Ocse, adesso è il bollettino economico della Bce a lanciare l’allarme sulla spesa previdenziale italiana.
A trattative per la formazione del nuovo Governo appena aperte, con le consultazioni al Quirinale ancora da avviare, i profeti dell’Apocalisse stanno già lanciando i loro angoscianti pronostici sul destino dei conti pubblici italiani e in particolare sulla questione pensionistica. Le loro proiezioni suonano a mo’ di avvertimento: chiunque provi a rispettare la volontà, chiaramente manifestata dall’elettorato, di abbassare l’età di ritiro dal lavoro, esporrà il Paese a prospettive incerte. Soltanto «l’aumento dell’età di pensionamento», infatti, può «ridimensionare gli effetti macroeconomici negativi dell’invecchiamento».
Oggi il commissario europeo agli Affari Economici e Finanziari Pierre Moscovici ha voluto chiarire che «l’intenzione della Commissione  Europea non è assolutamente quella di immischiarsi nel processo  democratico in corso in Italia o di chiedere delle riforme impopolari  per definizione». Una dichiarazione che, lungi dal rassicurare, fa pensare al detto «Excusatio non petita, accusatio manifesta»: scusa non richiesta, accusa manifesta.
Un ulteriore e insostenibile aumento dell’età pensionabile, in totale deroga alla volontà dell’elettorato italiano, è davvero l’unica ricetta possibile in un Paese, come il nostro, in cui l’età di ritiro dal lavoro è già tra le più alte in Europa?
Sulle pagine di Libero, il professor Alberto Brambilla, esperto di materia pensionistica, ha definito «irricevibili» i moniti di Bce, Fmi e Ocse, chiarendo che la spesa pensionistica in realtà è in calo in Italia, e che il problema riguarda piuttosto l’assistenza, «aumentata negli ultimi anni del 5,5%». «La nostra spesa previdenziale – ha detto -è pari al 13,54% contro una media europea del 14,7%».
La necessità inderogabile di mandare le persone in pensione sempre più tardi è un falso mito: con uno sforzo dell’intelletto e della volontà, la politica può costruire un’alternativa alla profezia autoavverante che ci dichiara un popolo vecchio, in “via di estinzione”, costretto a lavorare quasi fino alla tomba.
Con una seria politica industriale, che rilanci l’economia reale e con essa l’occupazione, sarebbe possibile stabilizzare e includere nel mondo del lavoro i tanti giovani italiani, con il conseguente aumento della contribuzione e miglioramento dei bilanci previdenziali. L’aumento dell’occupazione giovanile porterebbe con sé, in un circolo virtuoso, il conseguente aumento della natalità, che adesso si assesta su dati disastrosi. Occorrono anche adeguate politiche di sostegno alla famiglia, finora sovvenzionata con risibili mance elettorali, che incoraggerebbero i giovani a fare figli, sconfessando l’idea imperante che ci vuole un popolo destinato all’ineluttabile calo demografico e all’insostenibilità della spesa previdenziale.
Serve soltanto il coraggio e la lungimiranza di immaginare un futuro migliore, e la volontà di perseguirlo con tutti gli strumenti possibili.