di Caterina Mangia                              

Boko Haram, ovvero il terrorismo che fa vittime di serie B.E’ notizia recente la liberazione di alcune delle 110 studentesse rapite nel Nord della Nigeria nel corso di un’incursione degli jihadisti, che lo scorso 19 febbraio hanno caricato su delle camionette e portato via le ragazze. Non si tratta della prima volta che il gruppo terrorista effettua simili raid nelle scuole: nell’aprile 2015, a Chibok, sono state rapite 276 studentesse; alcune di loro sono scomparse nel nulla, e coloro che riescono a fuggire portano con sé il ricordo di ripetuti stupri e indicibili violenze.  La colpa delle ragazze? La loro volontà di andare a scuola, conoscere, imparare. Molti bambini sono stati giustiziati per lo stesso motivo.Boko Haram, espressione che in lingua hausa significa “l’istruzione occidentale è peccato”, è il gruppo islamista più efferato al mondo: in quasi un decennio ha massacrato in Nigeria oltre 20mila persone e creato due milioni e mezzo di sfollati. Cifre che, dati del Global Terrorism Index alla mano, fanno impallidire l’Isis e le altre organizzazioni terroristiche.L’atrocità del loro operato non riguarda soltanto il numero delle vittime, ma anche le modalità, che vanno oltre ogni umana immaginazione: i bambini, senza esclusione dei più piccoli, vengono utilizzati come vere e proprie bombe umane. D’altronde, nessuno sospetterebbe di un neonato: per Boko Haram una creatura in fasce è il posto migliore in cui piazzare un ordigno.Di fronte a questo orrore, il mondo occidentale resta pressoché impassibile. Per queste vittime non ci sono titoli di giornale, né sufficienti luci della ribalta. Non ci sono adeguati moti di indignazione pubblica pari a quelli che hanno seguito le stragi perpetrate dall’Isis nelle capitali europee e internazionali. Si tratta di una sorte di “questione locale”, di morti di serie B.Intanto, secondo dati dell’Unicef, dal 2014 al 2017 sono stati 117 i bambini kamikaze.