Cresce l’occupazione. Peccato sia esclusivamente a termine. «Dopo il calo del mese scorso a gennaio 2018 la stima degli occupati torna a crescere (+0,1%, pari a +25 mila rispetto a dicembre)», rileva l’Istat, che ha diffuso il consueto report su occupati e disoccupati. Contestualmente cresce la disoccupazione, a fronte però di una diminuzione degli inattivi. Insomma, ad una lettura superficiale, i dati di gennaio mostrerebbero un trend tutto sommato positivo. Solo che entrando più nel dettaglio ci si accorge di alcune storture ormai quasi strutturali. Nel periodo di riferimento, infatti, l’incremento di occupazione è dovuto perlopiù dai dipendenti a termine, aumentati del 2,3%. Una crescita che su base annua è addirittura del 16,3%, a fronte di un calo tra gli occupati permanenti dello 0,1% in un mese e dello 0,4% in termini tendenziali. Un andamento che, almeno in parte, motiva la (seppur lieve) crescita che si registra nella componente femminile, con le donne cioè che in larga misura restano ai margini del mercato del lavoro. Non per ripeterci, avendo affrontato il tema su queste pagine già in precedenti occasioni, ma va da sé che i numeri e qualche segno “+” che di tanto in tanto osserviamo sono ancora insufficienti e mettono in risalto, al contrario, la fragilità della ripresa. Il lavoro, oggi, è povero e a scadenza, non in grado di sostenere adeguatamente le famiglie (soprattutto quelle a bassa intensità lavorativa). Impossibile, con queste premesse, progettare il futuro, soprattutto se si è giovani. Questa, in definitiva, l’eredità del Jobs Act che – a maggior ragione senza l’effetto combinato degli incentivi – non è mai riuscito a creare occupazione stabile, precarizzando la quasi totalità dei nuovi assunti. Le classi di età più giovani sono da tempo quelle più in sofferenza, in particolare i 25-34enni. Mentre rallenta la corsa dei lavoratori over 50, gli occupati 25-34enni – che dovrebbero rappresentare uno zoccolo duro della forza lavoro – sono diminuiti da dicembre 2017 a gennaio 2018 di 14mila unità, -48 mila in un anno. I disoccupati nella stessa fascia di età sono aumentati di 9mila unità, ma in calo di 34mila sull’anno, con un saldo negativo di 14mila unità. Semplificando, è come se in questa classe di età la diminuzione degli occupati fosse avvenuta, nel suo complesso, nell’ultimo mese.