Allora era la Sip ed il condannato a morte che, grazie ad una telefonata , riusciva ad allungarsi la vita era Massimo Lopez. Oggi, più semplicemente, i sindacati chiedono al management di Tim di avere una trattativa vera, senza scadenze imposte, proprio per l’importanza della partita in corso. Incontrando le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, l’azienda, per bocca del nuovo amministratore delegato Amos Genish, ha fornito una illustrazione, peraltro sintetica, di come intende operare. Le linee strategiche ed il piano di gestione delle risorse umane per il triennio 2018-2020 prevedono uscite per 6.500 unità. Di queste, 4mila lavoratori dovrebbero lasciare utilizzando una scappatoia della Legge Fornero – la formula sarebbe quella della isopensione, vale a dire quel meccanismo che poggia su un accordo di esodo con prepensionamento a carico dell’azienda -, mentre per 2.500 unità si aprirebbero le porte per un esodo incentivato. Le uscite sarebbero soltanto parzialmente compensate con nuove assunzioni; si parla, infatti, di circa 2mila nuovi ingressi, accompagnati, però, da una riduzione orario di venti minuti per tutto l’organico aziendale, quantificabile in quasi 50mila unità. In questo caso, lo strumento contrattuale impiegato sarebbe quello della solidarietà espansiva. Insomma, una operazione molto complessa che si innesta in un momento di profonda rivoluzione del settore. Non è un caso, quindi, che i sindacati vogliano prendersi tutto il tempo, anche per capire se e come avverrà l’operazione di riqualificazione professionale del personale dipendente. Non confermate al momento le indiscrezioni rispetto alle risorse messe in campo da Tim per il piano; si è parlato di almeno 700 milioni di euro, ma la cifra dove ancora trovare conferma. Un investimento iniziale, per un abbattimento del costo del lavoro molto sensibile nel tempo, visto la riduzione oraria su tutti i dipendenti e il taglio netto di lavoratori di almeno 4.500 unità.