di Caterina Mangia

Il 2017 segna un triste record per il giornalismo, con un numero straordinario di cronisti nel mondo finiti in carcere.
Secondo il comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), ONG con base a New York,  al primo dicembre dell’anno in corso sono stati imprigionati 262 reporter: è stato battuto un picco già registrato nel 2016, che ha visto 259 persone finite in cella. Si tratta del secondo anno consecutivo che le cifre registrate toccano cifre «storiche».
E’ la Turchia il Paese che, tra gli altri, registra l’infelice primato, con 73 cronisti dietro le sbarre a causa delle loro ricerche e investigazioni: rispetto al 2016, anno in cui i giornalisti finiti in cella sono stati 81,il numero è comunque calato.
A seguire, tra i Paesi che “trattano peggio” la categoria compaiono la Cina e l’Egitto, rispettivamente al secondo e terzo posto: sono 41 i giornalisti imprigionati nel 2017 nel Paese del Dragone, 20 i cronisti egiziani. In totale, con 134 arresti, i tre Paesi collezionano il 51% dei giornalisti incarcerati nel corso dell’anno che sta per volgere al termine.“Questa situazione è una vergogna”, ha commentato il direttore esecutivo del Cpj, Joel Simon.
La detenzione per chi esercita il mestiere di giornalista è purtroppo un rischio a cui, su scala planetaria, non si va incontro raramente: è notizia di pochi giorni fa l’arresto di due giornalisti birmani dell’agenzia Reuters, finiti in manette a Rangoon con l’accusa di essere in possesso di documenti di polizia segreti relativi alla crisi scoppiata nel corso dell’estate nello stato di Rakhine, che ha visto 620mila musulmani Rohingya fuggire in Bangladesh.