di Caterina Mangia

Nonostante la crisi economica, la popolazione dei “mammoni” è in calo in Italia, anche se è sempre tra le più fitte d’Europa, eccezion fatta per Croazia, Grecia, Slovacchia e Malta.
Passando dal 67,3% del 2015 rilevato da Eurostat al 66% del 2016, è in lieve diminuzione la percentuale di giovani tra i 18 e i 34 anni che vive con i genitori: c’è quindi chi prende il coraggio a due mani e si avventura nella difficile impresa di costruire un’indipendenza dalla famiglia di origine.
Tuttavia non c’è molto da festeggiare, perché è ancora rilevante il tasso di chi resta a casa con i genitori. Complice la crisi, la percentuale di “mammoni” nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni è salita dal 45,8% al 50,6% dal 2007 al 2015, per subire un calo nel 2016 a 49,1%: tuttora, quasi un giovane su due che ha presumibilmente finito gli studi vive con la famiglia.
Tutto ciò stride fortemente con gli andamenti di altri Paesi europei, che veleggiano su cifre completamente diverse: in Danimarca solo il 3,8 % dei giovani tra 25 e 34 anni vive con i genitori; a seguire la Finlandia, con il 4,3%, la Svezia, con il 6%, la Francia, con il 13,4% e il Regno Unito, con il 13,4%.
C’è tuttavia da chiedersi se chi vive in famiglia merita l’epiteto di “mammone” e “bamboccione”: in un’Italia in cui la disoccupazione giovanile (15-24 anni) si attesta al 37,5 per cento, in aumento di 0,6 punti percentuali a settembre, e in cui il 37% di chi è tra i 18 e i 34 anni di età rischia la povertà e l’esclusione sociale (rapporto della Caritas 2017), risparmiare soldi di affitti e bollette e condividere pane e companatico con i genitori è forse una scelta di buon senso.