Con una iniziativa senza precedenti, le federazioni di categoria di Cgil, Cisl, Uil ed Ugl hanno proclamato l’astensione dal lavoro dei 4mila dipendenti, fra contrattualizzati e temporanei, del colosso statunitense nel sito di Piacenza. Allo sciopero hanno aderito anche i tanti precari, i cosiddetti Green badge, occupati con contratto a chiamata o in somministrazione, soprattutto in occasione delle festività natalizie, a conferma di quanto difficili siano le condizioni di lavoro e di reddito del personale. Della questione, se ne è parlato anche durante il meeting internazionale delle organizzazioni sindacali in corso in Vaticano, dove si è evidenziato che proteste simili sono state indette pure in altri Paesi nel mondo, in particolare in Francia e in Germania. L’azienda prova giustificarsi, evidenziando la propria attenzione al welfare e al dialogo con le organizzazioni sindacali e le maestranze. Ma la questione non è così semplice, come prova a far credere Amazon. È in gioco un modello occupazionale ed economico che massimizza i profitti dei grandi, a scapito delle condizioni stipendiali, fisiche e psicologiche della grande massa di lavoratori. Un sistema che non può reggere nel lungo periodo perché, come evidenzia papa Francesco, tale modello sta portando ad una drammatica estremizzazione: i poveri sono sempre più poveri e crescono ad ogni istante, mentre i ricchi sono sempre più ricchi e pochi. Con, sullo sfondo, lo spettro dell’olocausto climatico.