di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Domani, 25 novembre, è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ricorrenza istituita dall’ONU per affrontare questo odioso fenomeno, ancora oggi diffuso nel mondo ed anche nel nostro Paese, come ci confermano i dati. Solo nel 2016 in Italia sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari, quasi i tre quarti dei quali sono stati compiuti in ambito familiare. Sono 7 milioni le donne italiane vittime di violenze, dalle minori alle più gravi, e queste ultime hanno coinvolto un milione e 157 mila donne. Anche in questo caso sono i partner e gli ex i principali autori della violenza. Questi elementi possono essere interpretati alla luce di un fattore ancora determinante nella nostra società: la dipendenza economica delle donne in ambito familiare, che impedisce loro di reagire con maggiore forza ai primi segnali di violenza. Non si tratta, naturalmente, dell’unica causa del persistere delle violenze contro le donne e senz’altro vanno analizzati, e combattuti, altri fattori critici, culturali, di sicurezza e certezza della pena. Ma, specie da un punto di vista sindacale, non si può certo sottovalutare l’elemento economico. In Italia, le ultime rilevazioni dell’Eurostat relative al 2017 registrano un tasso di occupazione femminile del 49,1% a fronte di un tasso maschile del 67,1%. Un divario enorme. Desolante il confronto con gli altri Paesi europei: l’Italia è penultima nella classifica sull’occupazione delle donne, peggio di noi solo la Grecia con il 45,2%. È lontana dalla media europea del 62,5% e lontanissima dai Paesi più sviluppati del Nord Europa, come la Germania dove il tasso di occupazione femminile è del 71%.  Il problema dell’occupazione femminile non riguarda, poi, solo la quantità di donne occupate, ma anche la qualità del lavoro che svolgono. Il fatto che siano maggiormente coinvolte in forme di sotto-occupazione, part-time involontario, lavoro nero. La persistente problematica dei differenziali salariali, che fa sì che a parità di impiego le donne guadagnino meno degli uomini, il cosiddetto «soffitto di cristallo» che tiene lontane le lavoratrici dalle posizioni apicali. Il nesso fra violenza e lavoro, o meglio mancanza di occupazione o lavoro inadeguato, è forte ed evidente e va spezzato. Rendere le donne meglio integrate dal punto di vista lavorativo, e quindi economico e sociale, è fondamentale per combattere, concretamente, violenza ed intimidazioni.

L’elemento economico

La dipendenza economica delle donne in ambito familiare impedisce loro di reagire con maggiore forza ai primi segnali di violenza. Non si tratta, naturalmente, dell’unica causa del persistere delle violenze contro le donne e senz’altro vanno analizzati, e combattuti, altri fattori critici, culturali, di sicurezza e certezza della pena. Ma, specie da un punto di vista sindacale, non si può certo sottovalutare l’elemento economico. In Italia il tasso di occupazione femminile è al 49,1% a fronte di un tasso maschile del 67,1%. Un divario enorme.