di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale Ugl

Nell’antica Grecia il meccanismo del “sorteggio” (per il quale veniva utilizzato il “kleroterion”) era una pratica utilizzata per individuare la composizione delle giurie, in un contesto in cui erano la qualità e la competenza i parametri sui quali si reggeva la polis e, più in generale, una società organica e con gerarchie chiare. Potrebbe far sorridere, se non ci fosse in mezzo tutta la serietà dell’interesse nazionale, sapere che nel 2017 l’assegnazione dell’Ema per sorteggio ha ricalcato un meccanismo tradizionale in assenza di società tradizionale e con una partita strategica sulla quale Milano, e quindi l’Italia, aveva ed ha tutte le carte per poter gestire la governance europea su un tema determinante come quello del farmaco.  E invece la “sorte” ha deciso per Amsterdam, con tutti i mancati introiti (si parla di 1,7 miliardi di euro) che peseranno come un macigno sul bilancio dello Stato italiano. Farebbe sorridere poi, se non fosse maledettamente seria la situazione, il tweet del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che ha parlato di “beffa” per l’Italia come se si fosse trattato di un semplice caso. È stato davvero così? No, a quanto emerge dai retroscena attribuiti alle diplomazie europee che hanno avuto un ruolo nella vicenda. Se è evidente (e più che comprensibile) che ci siano state delle pressioni del governo italiano durante le votazioni – con una buona perfomance su Francia, Portogallo e Grecia – inizia ad emergere la possibile amara verità: il “tradimento” della Germania e della Spagna ai danni dell’Italia, dovuti ai soliti interessi tedeschi (che quasi mai convergono con quelli italiani) sui quali il governo spagnolo di Rajoy si sarebbe accodato per non infrangere un asset fondamentale con Angela Merkel in vista della partita interna sulla Catalogna. Ciò ha impedito l’assegnazione diretta, quella che – per punteggio – sarebbe stata italiana per diritto. Morale della storia? Un governo di centrosinistra, europeista negli slogan, che ha dimostrato ancora una volta di non avere le chiavi necessarie per blindare il ruolo del nostro Paese nell’Ue. Una sconfitta pesante per Paolo Gentiloni, certo, ma un campanello d’allarme per il sistema Italia che – eccezion fatta per l’Expo, vittoria maturata però diversi anni fa – rischia di diventare una periferia in un’Europa sempre più spostata al Nord. E in tutto questo che c’entra il “fato”?