Se il primo rinvio di una settimana era parso un tentativo di andare ai tempi supplementari, l’ulteriore posticipo a domani non somiglia neanche più alla lotteria dei calci di rigore. Ormai, abbiamo davanti una squadra, quella del governo, convinta di aver dato tutto, dall’alto della propria posizione di vantaggio, ed un’altra, quella delle tre confederazioni sindacali, i cui capitani ragionano ognuno per sé, senza una posizione unitaria. In una tale situazione, sperare in qualcosa di positivo per i lavoratori è, oggettivamente, complicato, se non impossibile. La Cisl ha già mostrato la propria soddisfazione per il risultato conseguito, più o meno una sconfitta onorevole in trasferta nella speranza di un domani diverso dopo le elezioni di primavera. La Uil crede ancora possibile il miracolo, mentre la Cgil potrebbe anche decidere di non tirare per niente l’ultimo rigore, avendo ormai maturato la convinzione che la partita è persa, così come detto dall’esterno pure dalla Ugl che non ha mancato di evidenziare che la proposta dell’esecutivo non dà le necessarie risposte al tema della flessibilità in uscita né per quanto attiene al potere d’acquisto dei pensionati di oggi e di domani. Il governo, a meno di improbabili novità dell’ultima ora, non è intenzionato a muoversi dalla posizione finora assunta, la quale è incentrata, come noto, sull’allargamento della platea dei lavori faticosi. Le categorie salvaguardate diventerebbero quindici dalle attuali undici, alle quali non si applicherebbe l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni.