di Caterina Mangia

I soldi degli italiani vanno a finire in spese sanitarie, e molti – il 36,7 per cento -, si trovano nella posizione di riunciare alle cure. Il tasso arriva al 58,9 per cento per la fascia più debole della popolazione.
Questi i dati allarmanti che emergono dalla prima edizione dell’Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane, presentato oggi da Mbs Consulting alla Camera dei Deputati.
Secondo i numeri rilevati, la spesa più onerosa per i nuclei familiari italiani è sostenuta per la salute, per la quale si esborsano 33,7 miliardi di euro. Il dato riguarda quasi tutte le famiglie, 25,2 milioni, che hanno uscite per una media di 1.336 euro: un intero stipendio base di un impiegato, dunque, va in “fumo” per spese sanitarie.
Gli altri capitoli di spesa che incidono sui redditi italiani riguardano il supporto per il lavoro, ovvero i trasporti e l’alimentazione (31,2 miliardi); a seguire l’istruzione dei figli (15 miliardi) e l’assistenza (14,4 miliardi). Nettamente inferiori le uscite relative alla cultura e al tempo libero (7,6 miliardi), per un importo medio di 450 euro: insomma, è evidente che gli italiani abbiano altre priorità rispetto allo svago e all’approfondimento erudito. I campanelli di allarme non finiscono qui: la spesa familiare per il welfare incide mediamente del 14,6% sul reddito netto delle famiglie; a fronte di un reddito medio di 29.674 euro, gli esborsi sono di 4.328 euro per nucleo.
Cresce inoltre la fragilità sociale, con il fenomeno di rinuncia alle prestazioni essenziali che si allarga a macchia d’olio, in particolare per le fasce più deboli: il settore in cui si riscontrano più criticità è quello dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, con un tasso medio del 76,2% a cui fanno seguito le cure sanitarie (58,9%), le attività integrative per l’istruzione (57,7%) e i servizi per la cura dei figli (54,8%). Il dato paradossale è che le spese di welfare incidono più sulle famiglie deboli (19%) che su quelle economicamente più agiate (14%), a dimostrazione del fatto che le cose non vanno come dovrebbero: nel rapporto è scritto che se «il 36,1% delle famiglie italiane ha rinunciato ad almeno una prestazione essenziale, la percentuale sale al 56,5% per chi si trova in condizione di debolezza economica».
Eppure, con i suoi 109,3 miliardi di euro di valore, pari al 6,5 per cento del Pil, il welfare familiare può e deve essere visto come un’occasione di crescita per il Paese e per il benessere dei cittadini: nel rapporto di Mbs Consulting è scritto che «la costruzione di un’industria di welfare in grado di generare valore nei prossimi anni passa necessariamente attraverso la capacità di co-progettare un nuovo ecosistema economico e sociale».